Università Cattolica del Sacro Cuore

Da Caprera ad Hammamet

Le emozioni suscitate dalla morte di Craxi sono state, io credo, molto più forti di quel che ci si poteva aspettare, e più contraddittorie perché non hanno riguardato soltanto coloro che ne avevano condiviso idee o percorsi. Quando morì Berlinguer ci fu certo molta emozione nel popolo di sinistra, ancor più impressionante fu il funerale di Togliatti, ma la partecipazione fu limitata a chi in loro si riconosceva. Nel caso di Craxi ha coinvolto anche gli avversari e ha rinfocolato le polemiche sull´uomo.

In un bel libro recente un giovane e brillante storico, Sergio Luzzatto, ha narrato le peripezie del corpo morto del duce - prima sconciato a piazzale Loreto, poi trafugato, quindi nascosto dalle autorità e solo dopo diversi anni sepolto palesemente a Predappio - leggendovi in controluce tutte le sfumature dell´amore/odio degli italiani per il corpo vivo del duce medesimo negli anni del suo trionfo. Vicende simili avevano al tempo della loro morte interessato Garibaldi e in modo diverso Mazzini, malamente imbalsamato. Non certo Vittorio Emanuele II o Cavour. 

È presto per dire se come Caprera - uno dei due luoghi più visitati tuttora dagli italiani - o Predappio anche il cimitero di Hammamet diventerà una meta frequentata tra curiosità e pellegrinaggio, ma taluni segnali in questo senso sembra che ci siano già. Vien da chiedersi allora se un filo emozionale ci sia tra personaggi tanto differenti. Oggi è di gran moda interrogarsi sull´identità dell´italiano e i rischi di una antropologia di pronto impiego sono evidenti. Però chiedersi come mai per taluni personaggi della nostra storia scatti un simile meccanismo e per altri no, al di là delle passioni che tutti avevano suscitato in vita, mi sembra legittimo.  Già Luigi Barzini nel suo libro su Gli italiani aveva suggerito un parallelo fra il tribuno romano trecentesco Cola di Rienzo, prima esaltato e poi abbandonato, e Mussolini. I

n quel caso c´era stato in comune addirittura lo scempio del cadavere, ma era sulla loro natura tribunizia e plebea che Barzini instaurava un confronto. Potremmo aggiungere un altro nome che tutti conoscono anche se non sanno nulla della storia patria, quello di Masaniello, anima della rivoluzione napoletana del 1647, e lui pure finito male. E arrivare poi a Garibaldi, così vitale dopo decenni, malgrado la sconfitta in vita, da poter dare il proprio nome alle brigate comuniste nella resistenza ed essere utilizzato per la propaganda frontista nel 1948, e infine tornare a Mussolini e a Craxi, in vita spesso rappresentato dai caricaturisti in vesti mussoliniane. Potremmo anche costruire nel nostro immaginario nazionale tutta un´altra genealogia, la quale vada, che so, da Lorenzo il Magnifico fino a Cavour sopra citato e ai padri della Repubblica come De Gasperi e il già ricordato Togliatti.  Per stare al gioco dell´identità italiana nel tempo della modernità, due modi diversi di esserlo. Raffinatezza intellettuale, freddezza raziocinante nell´agire da un lato, foga e primato dell´azione assieme a esibito disprezzo per troppo insistiti distinguo dall´altro. Leader tutti certo, ma stimati piuttosto che amati i primi, viceversa i secondi.

Ancora sulla scena dell´oggi è così. Pensiamo a D´Alema e Berlusconi da un lato, a Bossi o Di Pietro dall´altro.  Senza dubbio contrapposizioni simili potremmo costruirle anche per altri popoli, anche se solo i francesi galantemente hanno un´eroina del secondo tipo come Giovanna D´Arco. Però sembra che nel nostro caso il dualismo sia particolarmente pronunciato. Non cercherei però la ragione nei cromosomi, quanto nella nostra storia culturale, fortemente polarizzata essa pure e nella sua eredità immateriale ma fortissima. L´Italia da quando una identità italiana sul piano culturale si può distinguere è stata senza alcun dubbio per molti secoli il Paese più acculturato d´Europa. Non per niente il viaggio d´istruzione si svolgeva in Italia fino al Settecento, e come ancora diceva allora Samuel Johnson, un uomo che non fosse stato in Italia era consapevole che qualcosa gli mancava.

Con l´avvento della modernità e la crisi della cultura classicista e aristocratica, in breve tempo gli italiani si trovarono considerati, e a considerarsi essi stessi, come i meno colti; l´Italia come luogo delle passioni e dei sentimenti, non più della cultura e della fredda ragione. Basta pensare, uno per tutti, alla rappresentazione che di noi fa Stendhal e che riecheggia ancora nei moralisti d´oggi come Montanelli o Galli della Loggia. Figli di due tradizioni, eredi di due modi differenti di sentire, ecco che siamo così continuamente scissi nella tensione fra due archetipi di italiano, riconoscendoli entrambi come parte di noi.  È grave? Non credo, l´importante è prenderne coscienza sapendo che pasticci in politica, e nella vita, si possono fare sia appartenendo al primo tipo come al secondo.


26/01/2000