Università Cattolica del Sacro Cuore

Vanno di moda i leoncavallini. Parola di Armani, un po' snob

In margine ai servizi sulle sfilate di moda che movimentano in questi giorni Milano, il «Corriere della Sera» propone un´intervista ad Armani, dove se ne richiama una precedente a «Libération» nella quale lo stilista, un tempo così riservato, si propone a tutto campo. Fino a suggerirsi, ridendo e scherzando, come possibile sindaco della metropoli ambrosiana, peraltro a suo dire «snob, provinciale, sporca e maleducata».

E in questo tutti i torti non ce li ha, a esser sinceri. Anche se poi ci si chiede se a peccar di snobismo non sia lui stesso, quando in un altro passaggio afferma di preferire ai bocconiani, e a quelli che l´intervistatore chiama «papa-boy», i leoncavallini, ovvero i ragazzi dei centri sociali perché di loro capisce «fino in fondo, il sottrarsi a regole che ritengono ingiuste, con l´anarchia, il fare musica in proprio, il ritrovarsi», insomma il dedicarsi «a questioni di un certo valore». Ne è così attratto da dichiarare che gli «piacerebbe molto avvicinarmi a loro, fare qualcosa con questi ragazzi» e che più volte ne è stato tentato ma si è frenato, perché col nome che ha «non vorrei si pensasse che intendo strumentalizzarli».

Per la verità non gli dispiacciono nemmeno i giovani bocconiani, interessato al loro rigore formale «che trovo invitante scardinare per costruire un rigore diverso». 

Sarà che dopo aver dovuto chiarire la confessione a lui del fu Versace di vestire egli, Versace, quelle per male e Armani le per bene, vuole dimostrare spigliatezza e giovanilismo, ma insomma, un Armani alternativo e «maître à penser» dell´anarchia ci mancava. D´accordo, a suo tempo ha destrutturato - si dice così? - le giacche e il vestire formale, e da sempre vuol fare una moda «ecumenica» e gli «piace rivolgermi a tutti, senza sbarramenti sociali, né di età», ma faccio fatica a immaginarmi i leoncavallini che colpiti dalla sua disponibilità e comprensione passino dal trash rivisitato del «vestivamo alla katanga» a una qualche linea Armani, se pur casual. Però potrebbe sempre proporre loro una sfilata nel centro sociale per suggerirgliela. Ma no, ha «un tale rigetto della "moda per la moda", della volgarità e spettacolarità gratuite» e dei rischi di strumentalizzazione che, ne siamo certi, non lo farebbe mai. Né per la stessa ragione li inviterebbe mai nel suo prossimo megastore nel centro di Milano.  Maestro di vita anche perché vero signore. E diciamocelo, chi meglio di uno stilista ci può spiegare queste cose? Uno che di un rigore, se pur diverso, ha il culto, uno il quale sa che la forma è sostanza.

Dal giro spalla della giacca si può giudicare un uomo, perbacco, come dalla scelta tra un abito Versace e uno Armani la moralità d´una signora.   Ma l´anarchia allora? E come si concilia la simpatia per quei giovani leoncavallini che tanto lo attraggono con la nostalgia per «le tappe, la carriera, la meritocrazia d´un tempo, che significavano soprattutto la maturazione di un´esperienza»? Povero Armani, arrivato a una certa età anche lui si prende troppo sul serio, e non controlla più le proprie esternazioni. Fosse solo un problema suo però, pazienza; e comprensione. Il fatto è che egli dà voce alla sua maniera alla ambiguità tragica della modernità, cioè in qualche misura di tutti, oscillare fra aspirazione ai valori e rifiuto della disciplina che richiedono, esaltazione dell´anarchia e del vietato vietare e consapevolezza delle ragioni della virtù. 

Alla fine di un secolo che si è aperto nel segno dell´uomo senza qualità, ovvero delle qualità senza l´uomo, della rottura del cerchio che impedisce di combinare armonicamente tutte le parti, addirittura di riconoscerle, Armani ci ricorda che la crisi non è ancora superata; e in questa prospettiva la battuta con cui l´intervista si conclude, ed egli si propone come sindaco per il centrosinistra all´insegna del motto «cerchiamo una nuova vivibilità», acquista uno spessore diverso, da slogan veltroniano trasformandosi nella testimonianza involontaria di una comune fatica di vivere. Che ci fa perdonare tutto il resto della sua intervista, superficialità e snobismi compresi.


05/10/2000