Università Cattolica del Sacro Cuore

La Città dei Mille e l´Unità d´Italia. Bossi in versione garibaldina

E chi l´ha detto che la cultura sta a sinistra? Ieri il centrodestra ha dato lezioni di storia a tutti. Ha cominciato Berlusconi rivelando la sua invidia per Carlo V che ha governato per cinquant´anni, e con che titoli poi, poteva aggiungere: prima principe, poi re, infine imperatore. Ha dimenticato però che Carlo V ha cominciato a fare il principe a sei anni, non il cavaliere in età adulta, che nasceva molto bene ed era tutt´altro che un uomo nuovo e infine che certe carriere oggi non le farebbe nemmeno quel parvenu di Napoleone. E anche, peraltro, che il sacro romano imperatore a cinquantott´anni era già morto, avendo avuto il tempo di ritirarsi in convento per due, a pregare per la propria anima. Comunque, giustamente, Berlusconi non mette limiti alla Provvidenza, e non saremo noi a rimproverarlo per questo. Lunga vita dunque al (per ora) Cavaliere. Bossi, invece, in Parlamento ha magistralmente sintetizzato in due battute la storia dell´Unità d´Italia. Nemmeno Ciampi, che al tema è così affezionato da ricordarlo tutti i giorni, era arrivato a tanto. Dovendo il Senatur rivaleggiare però ieri col Cavaliere, ha dato il meglio di sé. E così ha spiegato che l´Unità l´hanno fatta bergamaschi e bresciani, in maggioranza anche fra i Mille del nizzardo Garibaldi. È stato bello da parte sua dimenticare i trecentomila bergamaschi che in armi sarebbero scesi dalle valli alla conquista della Padania di cui parlava qualche anno fa, e ricordare invece il contributo orobico alle lotte per l´Unità. Però come allora aveva esagerato nel conto degli armati così anche ieri si è lasciato prendere dall´entusiasmo patriottico. Verissimo che erano molti i lumbard tra i Mille, però insomma, non fecero tutto da soli. Ci si mise Cavour chiudendo gli occhi a Genova, diedero una bella mano gli inglesi impedendo alle batterie costiere borboniche di sparare sugli scalcinati vapori dei garibaldini in arrivo a Marsala. Si impegnarono anche gli eterni poteri forti con qualche opportuna connessione massonica del generalissimo, meno impolitico di come si ama raccontarlo. E poi via, l´anno prima erano stati i francesi, compresi i loro soldati algerini, a picchiare duro sugli austriaci a San Martino e Solferino, evitando si ripetesse la storia delle battaglie del ´48. E se siciliani e meridionali in genere si persero le prime guerre del Risorgimento, va anche detto che ci pensò la prima guerra mondiale a far loro recuperare il tempo perduto e il sangue non versato. E quanto al federalismo che ieri Bossi auspicava, quasi a compimento dell´Unità d´allora, mi sembra che anche il siciliano Don Sturzo abbia a suo tempo dato il proprio contributo sul tema. Però insomma, per un giorno che i nostri eroi hanno voluto volare alto, non sembra bello censurarli troppo. Magari ci prendono gusto, e la prossima volta faranno meglio. Grazie alla storia. Che certo è una ben strana bestia. Trent´anni fa era la cultura di sinistra a battersi per l´istituzione delle Regioni, e fu la cautela di centro e destra a svuotarne nell´attuazione il significato innovatore. Oggi è un governo di centrodestra che riprende il tema, contro gli eredi spirituali dei regionalisti di allora. C´è da rifletterci sopra e chiedersi cos´è successo nel frattempo in Italia. Però magari un´altra volta, per non semplificare anche noi, senza i privilegi che si arrogano cavalieri e senatori, troppo la storia.

29/11/2002