Università Cattolica del Sacro Cuore

Euro, quando cade l´ultimo muro

Undici Paesi e una moneta, che vuol dire ineluttabilmente sempre più una economia, e una società. Non uniforme quest´ultima, ma sempre più connessa: dal circolo polare artico al Mediterraneo, dall´Atlantico all´Oder. Undici Paesi e una decina di lingue, ma non più una Babele, per regole e mercati comuni. Undici Paesi e praticamente nessuna frontiera. Potrà sembrare enfatico dirlo, ma è dalla fine dell´Impero romano, millecinquecento anni fa, che l´Europa non risultava così unita. E il risultato è tanto più incredibile se si pensa che appena cinquant´anni fa nello stesso spazio europeo si combatteva una guerra che coinvolgeva su fronti opposti quasi tutti quegli undici Paesi. Certo, quella in cui ci apprestiamo effettivamente ad entrare è l´Europa dei duecentoventi milioni di consumatori, pallida figura rispetto a una Europa dei cittadini ancora tanto imperfetta.

Ma senza bisogno di credere a quel che diceva Machiavelli, gli uomini dimenticano più presto la morte del padre che la perdita della roba, la corposità degli interessi e delle aspettative economiche è tale da assicurare comunque un vincolo crescente fra quei duecentoventi milioni di europei e da offrire solide garanzie sulla tenuta della pace interna a questo spazio. E da renderlo alla lunga inevitabilmente preferibile per coloro che indugiano ai suoi margini, come l´Inghilterra. Non è però per nessun verso un risultato ovvio, e richiede qualche riflessione. La prima è quella sulla sua indubitabile importanza, non locale ma mondiale.
L´atteggiamento incerto e quasi un poco irritato degli Stati Uniti di fronte alla partenza dell´euro la dice lunga, mi sembra, sulla rilevanza epocale di tale novità. Abituati da cinquant´anni a considerarsi sempre e comunque i padrini di un´Europa divisa, a rappresentarsi come l´immagine per eccellenza dell´Occidente, essi si trovano di fronte a una situazione che impone loro enormi ripensamenti, economici, certo, per l´apparire di una moneta che potrebbe far concorrenza al dollaro, ma anche politici. Se la caduta del Muro di Berlino ha concluso il dopoguerra dal punto di vista ideologico e strategico, con la creazione dell´euro esso si conclude infatti anche da quello politico e culturale. Cambia il rapporto fra l´Europa e gli Usa e di conseguenza si deve riaggiustare l´identità di entrambe le parti.

Ci sarà meno spazio per quel ruolo paternalistico al quale gli Stati Uniti avevano ottenuto il diritto per la loro provvidenziale presenza nella guerra e nel dopoguerra, ma l´emancipazione europea imporrà a noi maggiori responsabilità. E aprirà a nuove concorrenze. Mentre si dà una moneta unica, l´Europa abbandona luoghi simbolici come Hong Kong e, l´anno prossimo, Macao: la prima base europea in Asia, impiantata addirittura nel 1557.
Gli imperi coloniali europei sono ridotti a qualche manciata di isole, bei posti tropicali e caraibici talvolta, ma politicamente solo frammenti di una presenza scomparsa, comprensibili come paradisi turistici o fiscali, non certo quali basi di potenza e di identità anche nel contesto internazionale. E tanto più che contemporaneamente gli Stati Uniti si presentano, con alterna fortuna per la verità, anche su quelle aree dove gli europei con i loro limitati mezzi nazionali erano riusciti nel dopoguerra a giocare ancora alle grandi potenze. La sostituzione in corso della influenza francese con quella americana nell´Africa francofona, là dove con qualche migliaio di paracadutisti dislocati fra una capitale e l´altra ci si poteva illudere d´una grandeur imperiale, ne è la prova, ma avverte anche di come i precedenti patti di condominio fra gli occidentali non valgano più, una volta che dietro il franco si affacci l´euro e dietro lo Stato nazionale una comunità continentale. In questa situazione non manca fra gli stessi europei la tentazione di giocare secondo le regole non di ieri ma addirittura dell´altrieri, di quando gli Stati nazione europei primeggiavano sulla scena, ma si è già visto che il risultato è disastroso. Lo insegna la ex Jugoslavia dove Francia e Germania soprattutto hanno pensato per un momento che si potesse riprendere la questione balcanica, là dove guerra e dopoguerra l´avevano interrotta, facendosi paladini rispettivi di qualcuna delle parti in campo. Lo insegna la difficoltà con cui l´Italia riesce a gestire il modestissimo caso albanese. Anche da questo punto di vista, maggiore consapevolezza dell´unità e crescente responsabilità si implicano, dunque, e obbligano a ripensare la propria condizione di europei.

Al tempo stesso però, e in modo quasi paradossale, se cambiano i rapporti politici proprio la nuova dimensione unitaria dell´Europa rende più evidente la presunzione geografica per la quale il modesto corno occidentale dell´immenso continente asiatico pretende al nome di continente esso stesso.
Ed è questa la seconda riflessione. Come non più nella nazione ottocentesca così nemmeno nella geografia di ieri si possono infatti trovare le ragioni profonde di questa novità e delle sue prevedibili conseguenze, ad alcune delle quali abbiamo accennato. A rendere possibile e comprensibile questa unità vi è al fondo un problema di identità. Quella grazie alla quale in definitiva l´attuale comunità economica e parzialmente politica si è potuta realizzare malgrado tutte quelle differenze storiche e di tutti i generi che si erano create ed evolute dall´antichità al Novecento nell´area considerata.

Che l´unità si sia fatta tra questi Paesi può infatti apparire scontato, ma non era, astrattamente parlando, l´unica possibilità. Ci poteva essere ad esempio quella di una comunità mediterranea, o lo sviluppo di una atlantica, la quale pure ha potuto contare su potenti strumenti per cinquant´anni. Al di là di tutto, al di là delle stesse convenienze economiche occorre allora dire che a render possibile lo straordinario evento dell´euro è una cultura comune. Quella classica certo, ma veicolata per tutta l´Europa che ora si unisce e si riconosce compatibile nei suoi vari pezzi, dalla evangelizzazione romana medievale. Non solo infatti si tratta di Paesi tutti di fondo cristiano, ma con l´eccezione della Grecia, che ha ragioni particolari: tutti i Paesi che si associano e quelli per i quali più prossima può essere l´associazione economica e poi politica, sono stati evangelizzati allora, e stanno al di qua della linea segnata dallo scisma d´Oriente e dalla nascita dell´Ortodossia. È un dato importante, e troppo poco considerato, su cui varrà la pena di riflettere ancora rispetto ai problemi e alle opportunità che euro ed Europa ci porranno - e si troveranno ad affrontare - nei prossimi anni.

 

05/05/1997