Università Cattolica del Sacro Cuore

Viaggio nei primi trent´anni del Duemila

Chiunque sia nato in tempo per ricordare non diciamo l´anteguerra, ma gli anni Quaranta o anche solo la prima metà dei Cinquanta, senza alcun dubbio ha sperimentato nella propria vita e ricorda tre Italie differenti: quella ancora largamente rurale e povera dell´infanzia, quella delle impetuose trasformazioni sociali ed economiche degli anni Sessanta Ottanta, dell´ingresso dell´Italia nella modernità dei consumi e dei valori, infine l´attuale ricca di incertezze e di domande piuttosto che di prospettive e di speranze. Basta riflettere su come pensiamo il futuro per rendercene conto: la ricostruzione fu un grande impegno collettivo, così lo sarebbe stata poi la modernizzazione del Paese, erano progetti che impegnavano le generazioni presenti anche per le future. Oggi nessun discorso pubblico osa andar oltre il momento dell´ingresso nella moneta unica europea. Il futuro collettivo sembra essersi accorciato; nessuno sa presentare progetti di lungo periodo sui quali dare forma alla vita collettiva e sui quali connettere passato presente e futuro.

D´altro canto l´insistenza sulla flessibilità e la mobilità del lavoro, sul doversi preparare al fatto che non faremo più lo stesso lavoro per tutta la vita, e che magari è bene ci facciamo una seconda pensione personale perché sulla prima non possiamo contare troppo, significa pure che la società non ci garantisce più essa stessa grandi certezze e che, al contempo, la nostra esperienza ha un valore scarso. La difficoltà di chi si trovi senza lavoro dopo i quarant´anni a trovarne un altro lo testimonia. Ma tutto questo significa pure che la nostra stessa identità tende a indebolirsi, a frammentarsi. Chi sono io nel momento in cui a trent´anni non ho ancora un ruolo riconosciuto nella società o chi, se a cinquanta sono troppo vecchio per averne ancora uno?

Al tempo stesso fino alla seconda metà degli anni Cinquanta siamo stati un Paese di emigranti addirittura oltre oceano, e nei Sessanta ancora verso gli altri Paesi d´Europa. E dopo nemmeno trent´anni ci siamo trovati noi a costruire la terra promessa per dei poveracci che fuggono fame e disperazione, e come noi un tempo esportano voglia di lavorare e rischio di malavita. E noi oggi, come gli altri allora, imponiamo quote e regole. E la generazione che usciva dalla guerra senza soldi in un Paese distrutti - e che gli esperti americani stimavano avrebbe impiegato trent´anni a ritornare a livelli del 1939! - avrebbe fatto figli più di ogni altra. I loro nipoti nel quinto Paese più industrializzato del mondo hanno portato l´Italia ai vertici della denatalità. Quasi da nessuna parte si fanno oggi così pochi figli come da noi. E al tempo stesso la grande maggioranza si proclama cattolica.
E infine se al funerale di Togliatti partecipò un milione di persone, dov´è oggi il leader politico, di maggioranza o di opposizione, che potrebbe ripetere un simile risultato? Ovvero che rappresenti, nel momento stesso in cui nulla può più fare o promettere, così fortemente l´identità collettiva della sua parte almeno? E però se l´appartenenza politica è tanto più debole, al contempo cinque milioni di italiani sono stabilmente impegnati in attività di volontariato cambiando così l´aspetto e il senso dell´impegno civile.

Paradossi e contraddizioni, trasformazioni e novità. Si potrebbe continuare a lungo. Alcuni sono nostri, altri dell´intero mondo occidentale, ricco e democratico. E alla fin fine anche quelli più nostri dipendono da quelli di tutti, e sempre più sarà così. Infatti la globalizzazione dei mercati e la mondializzazione dei problemi, e delle tensioni, ci coinvolgeranno sempre più.
Ma con questa realtà dobbiamo fare i conti. Sapendo anche che molti dei punti fermi secondo i quali abbiamo fino a pochi anni fa pensato la nostra vita personale e quella collettiva lo sono sempre meno, come gli esempi sopra fatti ci dimostrano. Questo non significa che l´unica soluzione sia la resa e la passività di fronte al mutamento. Occorre però renderci conto di quanto sia profondo e poterlo affrontare e, per quanto possibile, governare.
E si tratta, dobbiamo averlo chiaro, di un mutamento di dimensioni quali raramente lo si è affrontato nel corso della storia. È perciò difficile dire con sicurezza quali siano stati i passaggi decisivi che ci hanno condotto nell´anticipo di 2000 che viviamo ora. Abbiamo cercato di individuarne alcuni che ci sembra abbiano un carattere non solo in sé ma anche come siboli di fenomeni più ampi.

1955. Dalla bicicletta alla 600 Fiat
Nell´Italia delle macerie, nell´immediato dopoguerra, la ricostruzione appare come una strada lunga e incerta, che i più si accingono a percorrere a piedi, o (se fortunati) in bicicletta. In questo contesto, l´apparire della Lambretta (l´«auto dei poveri») diventa il simbolo delle speranze riposte in quel cammino - piccolo anticipo realizzato su due ruote della possibilità che questa volta sarà miglioramento del vivere quotidiano per tutti, e veloce...
...e ricostruzione veloce è stata. Oltre ogni previsione. Travolgente, stravolgente (per milioni di persone nuovi luoghi di residenza e nuovi lavori; nuove relazioni umane e familiari; nuovi ritmi di vita). E non è ancora finita. La speranza che la fatica intrapresa avrebbe dato frutti maturi goduti da tutti si è fatta col tempo più salda. La 600 ne è un segno clamoroso. Seguiranno il frigorifero, la Tv, la vacanza di massa. Il villaggio globale di oggi è iniziato in quegli anni.

1961-1963. Sogni e incubi americani
Inizia il boom della produzione e dei consumi: produttività crescente in modo esponenziale e benessere diffuso. Ma non è detto che il benessere sia di per sé buon vivere. John F. Kennedy, il presidente della nuova Mecca della felicità - gli Stati Uniti d´America - prospetta una Nuova Frontiera (di giustizia, eguaglianza, libertà) che riempia di senso la scintillante confezione della modernità: riproponga una meta verso cui mettersi in moto, vincendo il torpore dell´abbondanza materiale. Due anni dopo, a Dallas, viene stroncata la vita di questo laico profeta di tempi nuovi. Pochi mesi ancora e violenti scontri razziali interni e la definitva escalation nella guerra del Vietnam saranno il brusco risveglio riservato al gigante incapace di sognare.

1965. La Gaudium et spes
A lungo la Chiesa aveva lanciato anatemi, a difesa di un ordine secolare che vedeva sbriciolarsi lasciando maggiormente esposti, come sempre, i più deboli (le masse degli uomini concreti del qui e dell´ora sacrificate alle ragioni di utopie diverse, ma tutte comunque «oltre» e «altrove»). Nel terreno dove si scontravano incertezze diffuse quanto inconfessate e categoriche certezze, lo Spirito gettava però infine il seme piccolo e resistente della gioia e della speranza come contraddizione alle seconde e lenimento alle prime. Riunitasi in concilio, la Chiesa dismise i panni del maestro e del giudice per farsi «esperta in umanità», confermando essere il suo posto a fianco degli uomini in cammino, portatrice e annunciatrice, appunto, di Gaudium et spes. Fu un approccio al mondo moderno capace di coniugare condivisione totale e critica prospettica.

1967. Primo trapianto di cuore
Prendere un cuore pulsante e sostituirlo a uno ormai muto. Il cardiochirurgo sudafricano Christian Barnard più di chiunque altro prima di lui si spinse oltre lungo il misterioso limite della vita e della morte. Di poche settimane successiva al «miracolo» di Barnard fu una diversa celebrazione dell´ambiguo ruolo e destino del progresso scientifico: gli Usa annunciarono la messa a punto del primo missile a testata multipla indipendente (Mirv) - un solo lancio per distruzioni atomiche differenziate. Le medesime mani d´uomo capaci di ritrovare l´esile pulsione che ridà vigore al soffio della vita, si apprestavano a provocare l´esplosione devastante, la distruzione senza appello - olocausto definitivo sull´altare della sua imperfetta onnipotenza.

1968. Arriva la resa dei conti
Produzione e benessere rappresentarono dunque per un´intera generazione il paradigma del nuovo Verbo della modernità, la formula magica, la vita virtuosa... Furono i figli a chiamare il tempo della resa dei conti, a misurare la distanza tra promesse e realizzazioni, a non differire più la verifica sulla qualità della vita, sulla consistenza di un senso delle cose che andasse oltre la loro mera sussistenza fisica. Si trattò di un fenomeno generale, che attraversò e interessò, pur differentemente, tutti i «mondi» - dagli Usa all´Europa occidentale, da Praga alla Cina di Mao -. E ovunque, pur differentemente, la delusione dei figli generò rifiuto, e una voglia di ritrovata purezza cui il sospetto verso tutto quanto era passato e l´insofferenza per ogni futuro troppo lontano dettero presto un tono di arroganza che si espresse nel defilarsi dal mondo, o nell´imporsi ad esso con la sbrigativa definitività della violenza. Delusione e arroganza, cocktail micidiale...

1971. Il dollaro padrone del mondo
 Il 5 agosto 1971 il presidente americano R. Nixon annuncia l´inconvertibilità del dollaro. Non si tratta di una semplice e transitoria misura finanziaria, ma di un passaggio epocale. La nuova dimensione «assoluta» del dollaro simboleggia (rende cioè pienamente visibile ed evidente) il medesimo percorso maturato dalla politica. Da ambito fondato su liberi processi contrattuali (valutabili e reversibili proprio in forza dell´esistenza di una possibilità di «convertire» in qualcosa d´altro un loro frutto giudicato insufficiente, così come valeva per le banconote rispetto all´oro ai tempi della convertibilità), la politica si è posta lentamente quale realtà unica, disancorata da ogni altra, autoreferenziale. Di conseguenza, le sue promesse di realizzazione della felicità grazie allo sfruttamento delle risorse materiali ed umane che a quel fine richiedeva di vedersi affidate e potere utilizzare, diventano coattive e incontrollabili.

1978. Morte della politica come progetto
D´altronde «progetto» è di per se un movimento che richiama l´uscire dall´esostente, un «muoversi verso» che presuppone una dimensione altra rispetto a potenzialità, strumenti, percorsi, obiettivi. Politica progettuale era di conseguenza quella che si poneva al servizio di una realtà più ampia e più alta, alla luce della quale definirsi, misurarsi, giudicarsi. Superarsi. In Italia Moro aveva incarnato e perseguito questo tipo di politica, illuminata dalla fede. Con il senno di poi, l´assassinio di Moro appare come il luogo in cui si consuma la tragedia di una politica che (nella sterile violenza programmatica dei «rivoluzionari», come nel cinico pragmatismo dei «nuovi politici» che domineranno la scena degli anni ´80 e ´90) rigetta il progetto quale ambito di responsabilità, di un pensare ed agire ampi ed esigenti.

1980. Bill Gates inventa il sistema Dos
È di Bill Gates il colpo di genio del secolo, quando con i collaboratori della sua Microsoft mise a punto un rivoluzionario sistema operativo (l´Ms/Dos, poco più tardi «completato» dalla creazione dell´ambiente operativo Windows) che trasformava il computer da sofisticatissimo strumento gestibile da pochi esperti a usuale e pressoché onnipresente realtà destinata a plasmare sempre più la vita quotidiana delle masse. Dal Pc a Internet, in un decennio l´informatica sarebbe diventata l´esperanto del mondo. Nello stesso 1980 il neo-eletto presidente degli Usa Ronald Reagan assumeva su scala nazionale (e per ciò stesso, sulla spinta del successo conseguito, lanciava a livello planetario) il nuovo modello neoliberista, iperindividualista, post-fordista che aveva visto la luce poco più di un anno prima nell´Inghilterra della lady di ferro Margaret Thatcher. L´impatto combinato dei mutamenti radicali apportati da questo linguaggio e filosofia rivoluzionari avrebbero chiuso in un decennio la grande lotta con «l´impero del male» che si pensava destinata a prolungarsi per chissà quanto, prospettando ancora una volta come imminente l´avvento di tempi impensabilmente nuovi.

1981. Aborto: sconfitta dell´uomo reale
Il tempo delle disillusione sarebbe però giunto con altrettanta inattesa repentinità:  l´avvicinarsi alla fine del millennio sta avvenendo nel segno di una diffusa e insoddisfatta richiesta di senso. La strozzatura è frutto di una logica che in Italia l´aspro dibattito suscitato dal doppio referendum sull´aborto tenutosi nel 1981 fu in grado, per chi volle fare lo sforzo, di anticipare. Al di là del merito specificatamente alla questione giuridica posta dalla vicenda, questa mise infatti plasticamente e drammaticamente in evidenza l´essenza del problema dell´odierna fase della «modernità»: la sua mancanza di un centro che sia nucleo unificatore e insieme (per ciò stesso) misura, traccia, meta. Di fronte alla semplice, mera, assoluta realtà della vita, concreta e presente oltre ogni categorizzazione, l´unica risposta possibile è rappresentata da un sì o da un no rispetto alla prospettiva di assumerla, farsene carico (responsabilità significa infatti «portare» il «peso» delle «cose»), riconoscendo in essa il segno (concreto e presente) del sacro. L´impalpabilità, la levità cinica, l´indifferenza del linguaggio e della filosofia della «modernità vincente» non sembrano reggere il peso della fattualità dell´uomo concreto, misura dell´esistente e limite necessario del possibile, àncora sicura dell´idealità al reale.

1989. Crolla l´utopia del Novecento
E così arriva il momento della fine del bipolarismo. Nella seconda metà degli anni Ottanta la perestroika di Gorbaciov ha stimolato rapporti più distesi sul piano internazionale ma nel cortile di casa dell´impero sovietico, nei Paesi dell´Europa orientale tutto sembra continuare come al solito. Nessun politologo o sociologo prevede mutamenti; qualcuno pensa addirittura che quella di Gorbaciov sia solo abile propaganda. In realtà è il riconoscimento disperato della crisi e della impotenza mortale del sistema sovietico. Già nella provincia polacca a causa di Solidarnosc e di Papa Woytjla l´impero aveva perso il monopolio della politica, ma quasi improvvisamente realizza di non avere più ragioni plausibili. E i sudditi scoprono che il re è nudo, che la cortina di ferro si può oltrepassare e il muro di Berlino abbattere. Finisce l´ibernazione sovietica e crolla l´ultima utopia del ´900. Le frontiere d´Europa a loro volta si rimettono in movimento.

1991. Nuovo disordine mondiale
Il nuovo ordine mondiale sembra concretizzarsi per un momento al principio del 1991. Di fronte all´invasione del Kuwait da parte dell´Irak di Saddam Hussein, il presidente americano George Bush riesce a mobilitare attraverso l´Onu una coalizione militare e politica quasi generale contro il dittatore iracheno e a legittimare gli Usa come tutori e garanti dell´ordine internazionale. La guerra del Goilfo segna il trionfo della potenza americana; ma è un breve momento. Andati nel ´93??? in Somalia a «restaurare la speranza» - come si chiama l´operazione - gli Stati Uniti devono abbandonare l´impresa senza risultati; né le cose vanno meglio nella ex Jugoslavia. Il mondo globalizzato non accetta un unico sovrano, anzi fa esplodere la molteplicità degli interessi e delle micro strategie. In realtà quello che ci resta è un nuovo disordine mondiale.

 

28/12/1997