Università Cattolica del Sacro Cuore

L'alba dell'Euro

A volerla mettere nella prospettiva della lunga durata storica, la nascita dell´euro costituisce uno di quei momenti che sintetizzano e svelano la trama non apparente della storia, sul genere della consacrazione di Carlo Magno a Sacro Romano Imperatore nel Natale dell´anno Ottocento o della battaglia di Lepanto tra impero turco e stati cristiani alleati nel 1571.

In entrambi quei casi agli storici è stato facile, col senno di poi, ritrovare dietro quegli avvenimenti un senso che ai protagonisti almeno in parte sfuggiva, o una pressione che li sospingeva ineluttabilmente a quella conclusione al di là dei loro calcoli e intenzioni. Poteva essere l´integrazione fra eredità classica e germanità garantita dal cristianesimo in un caso - la scintilla cioè da cui sarebbe nata l´Europa che conosciamo. Poteva essere nell´altro uno scontro di civilizzazioni che aveva alle spalle anche concretissimi problemi di approvvigionamento economico e di rotte commerciali mondiali e vitali - nell´età dei frigoriferi tendiamo a dimenticare che le spezie non servivano tanto a insaporire i cibi quanto a conservarli in un mondo sempre sulla soglia dell´insufficienza alimentare.

Anche allora in quella chiesa di Roma o sulle galee in rotta verso la flotta del sultano chissà quante meschine ambizioni, quanti piccoli disegni, quanta gente già pronta a tradire e quante riserve mentali; e quanti dubbi su come sarebbero poi andate le cose. Sappiamo poco di quel che passava per la testa di Carlo Magno, del papa e dei loro dignitari e consiglieri, ma molto di chi a Lepanto ci fu perché non poteva non esserci e se ne stette il più possibile ai margini, di chi voleva comandare e doveva limitarsi invece a obbedire, dei disegni di ciascuna delle potenze coinvolte. Che infatti ricominciarono poi subito a litigare fra di loro.

E però là ineluttabilmente alla fin fine si doveva arrivare. Così sui giornali leggiamo che il ministro degli Esteri tedesco non sarà presente alla riunione ufficiale per sottolineare il malcontento del suo governo, e che per di più a Bonn si vuol mettere in discussione la quota pagata dalla Germania alla Unione europea - perché gli italiani col loro sommerso stanno meglio di quel che dicono e pagano meno di quel che dovrebbero - e leggiamo pure che per Roma tutto il merito va al governo di centrosinistra che solo avrebbe saputo condurre il Paese all´appuntamento europeo contro ogni previsione, giusto come a Madrid afferma quello di centrodestra.

E chissà cosa dicono i giornali danesi, là dove all´euro sono stati tirati per i capelli. Né come a Lepanto mancano quelli, e sono gli inglesi, che stanno alla finestra, vicini ma lontani. E si potrebbe continuare. E però alla fin fine in un modo o nell´altro tutti arrivano - o dovranno arrivare - all´appuntamento.

Che non era scontato a giudicare dalla superficie delle cose. Gli undici Paesi che giungono oggi a inaugurare la moneta unica hanno alle spalle una lunga storia di tragici conflitti: e tanto per portare un esempio l´Italia stessa in questo secolo ha avuto militarmente a che fare come avversario, o alleato dei loro avversari, almeno una volta con quasi tutti gli altri. Se non vado errato abbiamo lasciato completamente in pace solo Portogallo, Irlanda e Svezia. Persino alla Finlandia abbiamo voluto ufficialmente male, perché quando fu aggredita dai sovietici noi eravamo alleati dei nazisti a loro volta alleati di Stalin.

E sotto sotto, come ben sappiamo, non è che nemmeno oggi gli europei abbiano dimenticato tutto ciò. Non credo che i finlandesi ce l´abbiano tanto con noi, questo è vero; ma quando gli inglesi fanno arrivare il treno da Parigi che passa sotto la Manica alla stazione di Waterloo piuttosto che a qualunque altra di quelle londinesi, davvero sarà solo per motivi tecnici? I francesi, che hanno protestato, dimostrano di non pensarlo. E però, come dicevo, alla fin fine, siamo quasi tutti lì, e gli altri stanno facendo la coda: persino la Svizzera pensa all´euro. Evidentemente c´è una forza delle cose che si trascina a questo appuntamento. E forti della nostra affinata coscienza storicista riusciamo forse, più di Carlo Magno o di Filippo II, a vederne le ragioni al di là delle strategie politiche contingenti. Gli Stati europei hanno aperto questo secolo come dominatori del mondo. Lo chiudono senza ruolo politico proprio.

Lo hanno aperto forti delle loro ragioni nazionali e statali. Lo chiudono quando queste ragioni sono messe in discussione da tutte le parti: da una cultura che attraversa e omologa l´Europa da una economia che ridicolizza la pretesa di sovranità dei singoli Stati, da una trasformazione demografica e sociale che ne fa scricchiolare tutte le strutture; in definitiva da una portata di problemi che va oltre le forze di ognuno. L´euro prima che una moneta, con la sua devoluzione consensuale di sovranità a un organismo sovranazionale come la Banca europea, è la risposta per così dire obbligata a tutto questo, così come l´integrazione europea di cui stabilisce un punto di non ritorno.

Una volta costituito un sistema monetario integrato, con tutto quel che ciò comporta come ha spiegato ieri su questo stesso giornale il professor Pegorer, il costo di una sua dissoluzione diventa talmente alto che nessuno lo può più pagare. Certo, questo non vuol dire che non sia servita e non serva ancora la volontà degli uomini per far funzionare e l´euro e l´Unione europea, ma dal primo gennaio ci troviamo comunque in una condizione anche giuridica e oserei dire costituzionale nuova rispetto a ieri, pur se apparentemente nella nostra quotidianità per l´immediato nulla cambia. Qualcuno ha espresso il timore che a non rendersene conto siano soprattutto i politici nazionali - regionali, a questo punto. Pazienza, anche le altre volte non avranno capito tutto subito, ma poi si sono adeguati. Lo faranno anche questa volta.


31/12/1998