Università Cattolica del Sacro Cuore

Quella lunga marcia dal passato e il senso delle parole di D´Alema. Stefano Butti risponde a Cesare Mozzarelli

Ho letto con vivo interesse l´intervento di Cesare Mozzarelli intitolato «Il Pds in fuga dal passato», pubblicato da «L´Eco di Bergamo» il 17 febbraio scorso, e non ho potuto resistere alla tentazione di precisare alcuni punti sui quali mi sembra necessaria una riflessione un po´ più approfondita rispetto a quanto è stato fatto fino ad ora.

Nel suo intervento Mozzarelli è partito dalle recenti evoluzioni della sinistra riformista italiana considerandole semplicemente una fuga ed un esplicito rinnegamento del passato quasi si trattasse di una vergogna immonda da nascondere, cancellare e dimenticare al più presto. Non è così. Analizzare il presente partendo da presupposti talmente fuorvianti non può che condurre a conclusioni profondamente errate. Il punto di partenza è un altro. La sinistra riformista italiana già da alcuni anni ha iniziato una seria riflessione sul senso del fare politica in una situazione sociale decisamente modificata rispetto al decennio che ci siamo lasciati alle spalle. La fine della guerra fredda e della divisione in blocchi ha modificato drasticamente il ruolo delle ideologie in politica. Già Berlinguer si era accorto che nella seconda metà degli anni settanta i partiti così come erano, con le loro ideologie, con il loro modo di interpretare il senso del compromesso politico e dell´amministrazione, avevano esaurito la loro spinta propulsiva, ma non era riuscito a portare a termine il cambiamento che avrebbe voluto a causa di una democrazia bloccata che imponeva a tutti di restare fedeli alle proprie tradizioni e parole d´ordine, mantenendosi inseriti nel gioco della politica internazionale che vedeva contrapposti due modelli alternativi di interpretare la vita fin nei suoi aspetti più quotidiani.

La nascita del Pds ha segnato per la prima volta nel panorama politico italiano la rottura di quel sistema e l´inizio di una nuova fase in cui la politica viene fatta con i programmi amministrativi e con le proposte che concretamente cercano di risolvere problemi specifici mettendo in soffitta quella politica in cui i programmi discendevano direttamente dalle ideologie. La nascita dei Democratici di Sinistra, avvenuta la settimana scorsa a Firenze, vuole rappresentare la chiusura definitiva di un´epoca e l´apertura di una nuova in cui la politica sia più laica a sinistra ma anche, e speriamo presto, al centro e a destra. Solo con un sistema bipolare stabile in cui centro-destra e centro-sinistra siano veramente moderni l´Italia può iniziare un processo di costante progresso riformistico e può giocare un ruolo da protagonista nello scacchiere politico internazionale. Ed essere moderni in un momento come questo, caratterizzato da epocali sconvolgimenti economici e sociali a livello planetario, significa fare un passo importante. Significa consegnare il nostro passato alla storia, togliendolo alla politica. È questo l´unico modo per poter discutere con serenità del nostro lungo dopoguerra.

L´analisi storica, e non più politica, ci può consentire di affrontare in modo laico e aperto le luci e le ombre della storia italiana e delle responsabilità, nel bene e nel male, dei partiti di centro, di destra e di sinistra, oggi inseriti in un mondo completamente cambiato e che dovrebbero tutti saper interpretare. E questo è anche l´unico modo per capire le ragioni delle diverse parti e per dire che la sinistra italiana ha avuto i suoi difetti, sì, ma ha anche saputo rappresentare per milioni di italiani il sogno di una società più giusta in grado di tutelare diritti economici, civili e politici avvertiti come fondamentali e irrinunciabili. Ecco il senso delle parole di D´Alema e che mi pare, mi permetto di dirlo, Mozzarelli non abbia colto. A Firenze D´Alema ha detto che, nonostante il simbolo del Pci sia stato sostituito con quello della rosa del socialismo europeo, la storia e i valori del Pci «resteranno nella memoria e nella coscienza di ciascuno di noi come una forza morale e una radice democratica». La storia è cambiata molto rapidamente e la sinistra sta cambiando con essa, ma la sua storia avrà sempre il sapore delle lotte, delle manifestazioni, dei cortei, dei pensieri e degli scritti di milioni di italiani che si sono battuti non per portare nel nostro Paese i carri armati del disgustoso totalitarismo staliniano, ma per trasformare in realtà il sogno di una società profondamente democratica, giusta, pacifica e in cui fossero bandite la fame e la miseria.

La sinistra riformista italiana è il vero elemento di innovazione del nostro sistema partitico, si evolve, si erge a motore propulsore del progresso della politica nel nostro Paese, si unisce e consegna alla storia ciò che le appartiene. Se anche gli altri partiti sapranno fare altrettanto, potremo finalmente avere anche in Italia una politica davvero europea. Ecco perché mi sento di apprezzare gli sforzi che in questo senso giungono dal Partito Popolare e, sull´altro versante, da Alleanza Nazionale, che con il suo imminente appuntamento di Verona sarà chiamata, anch´essa, a fare un salto nel futuro.


21/02/1998