Università Cattolica del Sacro Cuore

Attenzione al Novecento riletto secondo il buonismo del «politicamente corretto»


La vigilia di Natale Galli Della Loggia sul «Corriere della Sera»  ha suggerito che in tutte le aule delle scuole italiane sarebbe bene venisse appesa la foto del bambino ebreo con le mani alzate rastrellato dai nazisti nel Ghetto di Varsavia e avviato alla deportazione nei campi di sterminio a ricordo e monito di ciò che non deve mai più accadere, «un simbolo ammonitore contro tutte le atrocità, le sopraffazioni, contro tutti i fanatismi costruiti sul disprezzo della vita». E´ poi intervenuto prontamente il ministro Berlinguer ad appoggiare l´idea con una lettera al medesimo giornale sottolineando l´ambiguità della memoria del Novecento, con «il trionfo della morte nelle guerre e nelle dittature e il trionfo della vita con le grandi scoperte della biologia e della medicina, la barbarie dei fondamentalismi e la civiltà della scienza e della tecnica, la libertà dei popoli che si sono affrancati e la pulizia etnica che distrugge ogni libertà» e la Canon, la quale da parte sua ha assicurato la propria sponsorizzazione, impegnandosi, avverte il «Corriere», a realizzare con il giornale stesso «le riproduzioni della fotografia, che verranno regalate alle scuole, in una cartella contenente inoltre il testo dell´articolo di Galli della Loggia e il messaggio di Berlinguer». Già il 29 il «Corriere», accanto a una lettera della on. Mussolini che invitava a preparare piuttosto un album perché anche le altre tragedie del Novecento non venissero dimenticate - e suggeriva fra molte le immagini del fungo atomico di Hiroschima, dei gulag sovietici, dei bambini palestinesi mutilati dalle bombe israeliane - annunciava compiaciuto una  «pioggia di adesioni» all´iniziativa.   Una bella iniziativa, non c´è dubbio, partita da un intellettuale ormai riconosciuto fra i migliori d´Italia - persino il programma del prossimo Forum del Progetto culturale della Cei avverte di tre soli interventi programmati fra tutti i partecipanti, ed uno e proprio quello di Galli della Loggia - sferzante coscienza critica della nostra identità nazionale.

Perché allora serpeggia un sottile disagio di fronte ad essa e alla concordia di intelligenza, ufficialità e industria che lieta vi si manifesta? Perché in una sorta di corto circuito interiore vengono alla mente le critiche espresse anche su l´«Eco» da Giorgio Patrizi a proposito del trattamento televisivo di contorno all´apertura del Giubileo nei medesimi giorni di Natale, di retorica, commozione d´ordinanza e così via? Non certo perché «dia fastidio» il richiamo all´Olocausto cui sarebbero eventualmente da affiancare altre tragedie a maggiore oggettività della complessa memoria del nostro povero secolo, bensì forse perché quel richiamo dà troppo poco fastidio, ci fa sentire tutti rapidamente e gratuitamente buoni e, diciamolo pure, «politically correct». Lo dichiara il ministro quando conclude la sua lettera - quella da mettere nella cartella Canon - affermando che  «dalla sconfitta di quei mostri è nata la nostra Repubblica» e «una lunga stagione di speranze e di pace».

Si tratta di mostri sconfitti dunque, che non turbano piu di tanto perciò le coscienze. E in effetti in Italia oggi, a parte pochi dementi, chi è antidemocratico e favorevole alle dittature nere o rosse, chi filonazista, chi fautore della superiorità della razza ariana, chi antisemita? Non siamo nemmeno tedeschi. E sull´Olocausto stiamo tutti dalla parte giusta, tant´è vero che siamo accorsi in massa a ridere e commuoverci per l´atroce - sì, atroce - film di Benigni. Nel catalogo nazionale dei luoghi comuni è stato metabolizzato anche l´Olocausto e le risposte allo stimolo in proposito sono automatiche.  Meglio così senza dubbio, ma se vogliamo far riflettere le generazioni del XXI secolo attraverso le atrocità e sopraffazioni di quello precedente, non sarebbe meglio scegliere i nostri mostri, e non quelli (ormai e fortunatamente) altrui? Vogliamo provare a fare qualche esempio? Invece di quel bambino ebreo - il quale tra l´altro se non ricordo male un reportage di Enzo Biagi di qualche anno fa non scomparve nella tragedia come afferma il ministro ma fu tra i pochi salvati e divenne dentista a New York - perché non un bambino zingaro nelle mani delle SS? Anche gli zingari vennero sistematicamente cacciati e annientati dai nazisti, e però sono rimasti anche fra noi gli ultimi della terra, non integrati, spesso per loro scelta e modo di vita. Una simile immagine potrebbe servire a chiedersi se e quanto noi di candida coscienza democratica siamo per qualche verso e come mai prossimi al nero delle SS, quante forme ha la sopraffazione e l´intolleranza verso il diverso e il «cattivo». 

E a proposito di democrazia, perché altrimenti non un bambino giapponese piagato dalla bomba atomica o quella vietnamita bruciata dal napalm in Vietnam? Soprattutto nel primo caso non ci sono dubbi per nessuno su chi fossero i buoni e chi i cattivi in guerra. E però dove la difesa della libertà diventa arroganza del potere, superbia della forza, disprezzo dell´altro? Anche questo sarebbe un bell´interrogativo per i giovani e i loro insegnanti, uno stimolo all´inquietudine e non all´anestetizzante conformismo buonista. E poi perché dev´essere per forza un bambino a rappresentare gli orrori della memoria del Novecento? Perché non un adulto, non colui che sceglie coscientemente di essere vittima piuttosto che oppressore, o salvo perché estraneo? Il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer al sicuro negli Stati Uniti che ritorna nell´inferno nazista per testimoniare la propria fede e muore impiccato, o padre Kolbe che prende il posto nel lager di un altro condannato a morte? Forse che ci fa più paura esser chiamati a scegliere, a esplicitare dei principi, a interrogarci su  una linea della vita fino alla morte?  Ma allora lo scandalo piu grande era già ricordato, e dimenticato, in tutte le aule. E´ quel giovane crocifisso per aver negato il potere, affermato il primato dell´amore, tenuto fede alla propria speranza, creduto in una Verità che trascende e salva. Non lo si vuole raccontare con le parole della fede, ebbene basta dirlo con quelle della sua storia umana, che interroga ancora oggi tutti gli uomini di buona volontà senza alibi, distinguo e compiacenze.


31/12/1999