- Milano
- Dipartimento di Storia moderna e contemporanea
- Carte Mozzarelli
- 1999
- Bobbio, il Novecento di un laico
Bobbio, il Novecento di un laico
Norme e potere, potere e norme. In qualche modo tutta la riflessione di Bobbio ruota intorno a questi due termini e al loro rapporto dal punto di vista del soggetto individuale che con le prime e con il secondo deve fare i conti. Vuoi essendone creatore o fruitore, vuoi potenziale vittima. Come moltissima parte del pensiero del Novecento anche quello di Bobbio ha subìto il fascino del fenomeno del potere.
Per motivi che credo affondino più nel carattere e nella storia della propria formazione umana che per ogni altra ragione, Bobbio del potere non è però mai stato un adoratore, semmai a suo modo un perenne contestatore. E però al cerchio magico del potere non ha mai potuto sottrarsi. A quello il suo sguardo alla fine non poteva non volgersi. Questo fa di lui un´espressione tipica del pensiero moderno e spiega anche perché giunto a novant´anni possa esser da tutti riconosciuto per qualche verso come maestro. Nel senso quantomeno che non vi è storia del Novecento che non attraversi questi territori desolati nei quali la presunzione prometeica dell´uomo padrone di sè e della propria storia ha disseminato tanti lutti e tanti falliti assalti al cielo. E vanno ringraziati senza dubbio coloro che in tanti tragici decenni e circostanze come Bobbio sono sempre stati dalla parte di Davide contro Golia, che non hanno sacrificato al Leviatano e non hanno diseducato generazioni e generazioni di studenti nel mito della forza creatrice del fatto e del valore, che non hanno pervertito magari il cristianesimo stesso in nichilismo politico, come pure è accaduto ed è stato tollerato presso la stessa Università Cattolica, ma va altresì notato che la via di scampo che Bobbio e con lui tanta parte del pensiero liberale hanno individuato, è stata quella di sottrarre valore e valutatività all´azione sociale, di proteggere l´individuo lasciandolo programmaticamente solo e privo di relazioni che lo condizionino e lo determinino storicamente.
Certo, anche Bobbio si è occupato di giustizia sociale, ma con costruzioni di estrema fatica dovendoci arrivare attraverso la sola categoria dei diritti individuali, attraverso la riconferma della descrittività e avalutatività del sistema giuridico. Per tutto ciò egli ha dovuto altresì compiere la programmatica esaltazione del dubbio, della ricerca come stato permanente e non mai nemmeno in ipotesi risolvibile in una verità infine raggiunta, qualunque verità correndo il rischio di trasformare le norme in Potere dispotico. Individuo e società non hanno potuto così che restare estranei l´uno all´altra.
Di fronte ai rischi del totalitarismo questo è stato un salutare antidoto, anche se ha portato a vedere i pericoli immediati sottovalutando gli altri. «Non posso negare, ha scritto Bobbio stesso, la verità della critica fatta al Partito d´azione di cui si riconosce "comparsa", di essere stati come anticomunisti troppo blandi, come antifascisti troppo severi». E non certo perché il fascismo meritasse minor asprezza di giudizio, al di là dei comportamenti talvolta non all´altezza dei principi di cui si è discusso in occasione della pubblicazione di una lettera al Duce del medesimo Bobbio qualche anno fa. Il fatto è che inseguendo una mitica pubblica felicità troppo facilmente si è disposti a rinunciare a un umile e provvisorio bene comune, a restare affascinati - anche se mai davvero convinti - da qualche geometrica costruzione di potenza ideologica, specie se osservata da lontano o nella teoria. Ripercorrere le opere e gli operosi giorni di Norberto Bobbio oggi che compie novant´anni significa dunque rifare la storia delle strategie che si sono messe in atto nel corso del Novecento da parte del pensiero liberale per salvare l´individuo, ma al costo di indebolire sempre più, e paradossalmente, il civismo. Oggi la crisi della modernità ci obbliga a ripensare l´intero schema di gioco, ci mostra come quel potere politico fosse un colosso dai piedi d´argilla, come piuttosto del potere sia l´autorità garantita dall´autorevolezza, dalla virtù insomma per usare un termine che certo a Bobbio non piacerebbe in simile contesto, quella che ci può salvare dall´anomia e liberare dalla dialettica infernale fra libertà meramente negativa e obbedienza da sudditi.
Quando la mia generazione arriverà ai novant´anni, altri mostrerà tutti i limiti di ciò che avremo pensato, non vi è dubbio, ma magari, come per la generazione di Bobbio cresciuta all´ombra di quei problemi cui abbiamo accennato, la necessità di quelle riflessioni nel contesto storico dato. Bobbio non si è sottratto ai compiti che il suo tempo gli proponeva, li ha affrontati coraggiosamente. Al di là delle soluzioni, imperfette come ogni umana cosa, credo che sia per questo impegno e questo coraggio che oggi val la pena di celebrare rispettosamente i suoi novant´anni.
19/10/1999