Università Cattolica del Sacro Cuore

Coraggio ragazzi, ci sono passati anche i vostri padri

Mio padre ricordava il suo esame di maturità su tutte le materie del triennio. Io ho raccontato ai miei figli che quella fu la studiata più colossale di tutte, che quando spegnevo allora la luce non ce n´era più nemmeno una che si vedesse accesa fuori dalla finestra. Ancora non so quale sarà la personale mitologia che essi costruiranno sopra la loro esperienza, ma da genitore posso dire che sarà pur stato facile l'esame degli anni passati, non vi saranno state normalmente in gioco promozione o bocciatura ma soltanto la qualità del voto, tuttavia l´ansia per la prova di maturità era egualmente alta. 

Ora tutti stanno discettando sulle caratteristiche del nuovo tema, se sarà davvero più difficile o piuttosto complicato, e come se la caveranno studenti e professori con le nuove prove.  Come se un esame potesse dare qualcosa di più o di diverso da quello che ci si è messo dentro durante l´anno: come se bastasse modificare l´esame per cambiare la scuola. Una riforma insomma che parte dalla coda e immagina da quell´imbuto finale e obbligatorio di poter a ritroso modellare, ovviamente in senso virtuoso, i comportamenti e la qualità dell´insegnamento e dello studio. 

Peccato che contemporaneamente i disegni di riforma della scuola vadano in direzione piuttosto diversa, quella di annegare la specificità di ogni curriculum in un insieme generico, buono certo a una qualche socializzazione politica, nel senso di partecipazione alla cittadinanza, degli studenti, meno alla loro formazione e selezione per capacità e merito.  Ma la scuola può davvero «formare» indipendentemente dai contenuti? O non sono questi che, attraverso la loro specificità, formano in un modo piuttosto che in un altro? Insegnare giardinaggio, come viene ventilato, o italiano è lo stesso? Non dubito che si possa pensare un durissimo esame finale di giardinaggio, ma l´esito d´una prova «di maturità» sarà lo stesso che la si sia sostenuta su un sapere piuttosto che sull´altro? Simbolo e sintomo della incertezza su quel che vogliamo trasmettere alle nuove generazioni, l´esaltazione astratta, tecnica direi, e un poco sussiegosa della serietà del nuovo esame finisce per smascherare la debole capacità di affrontare davvero, con reale tensione etica, la domanda sul senso dell´istruzione.  Una riforma soprattutto di immagine allora quella che comincia oggi, e il cui senso è di trasmettere l´idea che dopo trent´anni di provvisorietà «la ricreazione è finita», che l´esame è serio, seria la scuola, seria la vita.  Ma questo lo si è potuto insegnare, malgrado tutta la buona volontà e dedizione degli insegnanti? E, soprattutto, si prevede di poterlo insegnare concretamente nel futuro? Per queste domande il nuovo esame non ha risposte. 

Nell´attesa che qualcuno se le ponga e le spieghi con semplicità agli italiani, accontentiamoci di quel risvolto mitico dell´esame che resta, comunque la prova si configuri. Dell´essere cioè e comunque l´esame di maturità, quale che sia il suo nome, e dell´essere un rito di passaggio che chiude un tempo della vita e introduce simbolicamente, e un poco dolorosamente come sopra dicevamo, a un altro. Coraggio, ragazzi, è inevitabile. Ci siamo passati anche noi, e con affetto vi facciamo tanti auguri.


23/06/1999