Università Cattolica del Sacro Cuore

Formare un´Italia libera

Domani torna, come tutti gli anni, la giornata per l´Università Cattolica. È un appuntamento tradizionale, ma non scontato. Anzi, ogni tradizione vive se sa rinnovare le proprie ragioni, se le sa proporre via via a una società che cambia.

Quando la Cattolica nacque, quasi ottant´anni fa, il senso del progetto stava nella necessità per i cattolici di reagire al positivismo scientista - quello stesso da cui proveniva prima della conversione il medico Agostino Gemelli - al determinismo delle sue conclusione che facevano della Chiesa e della fede un residuo irrazionale e oscurantista, e dei cattolici, nel migliore dei casi, degli ingenui. Era in questo senso una battaglia per la riaffermazione della libertà dell´uomo: libertà di principio che implicava filosofico riconoscimento della autonomia e responsabilità per le proprie scelte, e libertà sociale contro un conformismo arrogante del mondo dei dotti.

Di lì a poco le ragioni e la possibilità di un sapere non disgiunto o contraddittorio con la fede si sarebbero dovute provare però contro un diverso avversario: il liberalismo crociano e gentiliano nell´ambito teorico, la pretesa egemonica del regime fascista in quello politico e sociale. In un libro recentissimo una giovane e brillante studiosa, Maria Bocci (Oltre lo stato liberale, Bulzoni) ha mostra quanto articolata, impegnata e poco dogmatica fosse dentro la Cattolica degli anni ´20 e ´30 la ricerca di una via d´uscita culturale e istituzionale per tutta la società, oltre il fallimento del vecchio stato liberale così come oltre le illusioni del totalitarismo fascista.

Certo il rettore Gemelli poteva essere soprannominato «il magnifico terrore» dai suoi stessi collaboratori, ma l´alacrità di quella fucina di pensiero e di iniziative, la consapevolezza acuta delle questioni in campo, la limpidezza della ispirazione cristiana, la preoccupazione di far crescere una generazione di giovani intellettualmente agguerriti che si ricava dal volume è impressionante e, per chi in quella università oggi vive e lavora, entusiasmante. L´Università Cattolica in quegli anni bui - non dimentichiamo che Mussolini una volta si vantò di aver sequestrato più giornali cattolici lui che tutti i governanti liberali dall´Unità in poi - anche grazie alle capacità manovriere del suo rettore nei confronti del regime seppe generosamente e intelligentemente farsi carico non solo della sorte dei cattolici ma degli italiani, non giocò in difesa di un proprio orticello, paga di tutelare i suoi e magari gli interessi contingenti della Chiesa. Si propose come luogo di elaborazione di una cultura capace di offrire le grandi energie e le ragioni del mondo cattolico al servizio del paese. Non per nulla dalla Cattolica uscirono nel dopoguerra i famosi «professorini», da Fanfani a Dossetti, che tanta parte hanno avuto nella storia repubblicana, non per nulla fu il partito di ispirazione cristiana in cui essi militavano e cui - non soli certo - davano consistenza e progetto quello che apparve il più credibile e il più affidabile agli italiani usciti da una guerra micidiale e anche fratricida. E fu così la Democrazia Cristiana, anche grazie al lavoro di lunga lena nei decenni precedenti dell´ateneo dei cattolici italiani, a poter guidare l´Italia lungo le inedite strade della democrazia di massa.

Nei cinquant´anni repubblicani, nel nuovo clima di libertà e ben presto di crescente benessere e rapida trasformazione sociale, altre ancora divennero le priorità e gli scopi dell´Università. E ancora essa seppe rinnovare la propria tradizione, dimostrare al paese e a quei cattolici cui si rivolgeva per trovare le fonti anche finanziarie per la propria vita la validità delle sue ragioni. Esemplare per lungimiranza fu la creazione nel 1947 dei corsi serali della facoltà di Economia: si trattava infatti ora di rispondere alla richiesta di una istruzione superiore non più limitata alle èlites (anche se la Cattolica con i suoi collegi già negli anni ´30 aveva offerto una possibilità di studiare a chi per censo e per origine dall´università sarebbe stato altrimenti escluso), ma estesa a ambiti sempre più ampi.

D´altro canto basta sfogliare il catalogo storico della editrice Vita e Pensiero per rendersi conto di come pure in quegli anni non cadesse la tensione teorica, come l´Università Cattolica sapesse ad esempio recepire le novità della cultura straniera, specie di ispirazione cristiana, e metterle in circolo. Anche per questo essa ha saputo partecipare creativamente all´elaborazione postconciliare, recependo le esigenze della Chiesa e osando oltre la cultura dei suoi fondatori.

Da docente ho lavorato nell´Università durante gli anni del rettorato, conclusosi da pochi mesi, dal prof. Adriano Bausola, e posso testimoniare direttamente del rispetto per la libertà dei docenti, del pluralismo garantito  alle diverse ispirazioni del mondo cattolico cui l´Università ha saputo ispirarsi, della disponibilità a sostenere ogni sforzo di miglioramento nella ricerca come nella didattica. Ancora una volta l´Università ha saputo guardare oltre la convenienza immediata, ha saputo progettare e rinnovarsi: il clamoroso successo della recentemente nata facoltà di Scienze dell´educazione sorta sulle ceneri della vecchia facoltà di Magistero, e che ha raggiunto in pochi anni da sola gli ottomila studenti, e i cui piani di studio sono stati concepiti largamente all´interno della stessa Università usando della autonomia universitaria, ne è la prova più evidente.

Ma di nuovo oggi un ciclo storico e culturale si sta chiudendo. La proterva cultura laicista del passato, così come quella marxista con cui la Cattolica si confrontò poi, sono ormai storia. Così la fase della travolgente acculturazione di massa ha lasciato il posto a una segmentazione delle aspettative e delle necessità degli studenti e della società che richiedono nuove competenze (e ne fanno purtroppo le spese vecchie e gloriose facoltà generaliste come Lettere o per certi versi Scienze politiche).

Così, infine, alla contrapposizione ideologica contro la Chiesa e la fede hanno fatto posto indifferenza o vaghe alternative spiritualiste, di religione senza Dio. Sembrano alla fine del millennio venir meno complessivamente le ragioni che hanno fatto della collettività un corpo cosciente di sé, sia come corpo politico che come identità condivisa. E ciò ha portato alla crisi anche il vecchio cattolicesimo politico e sociale.

Diverse sono dunque le domande cui l´Università è chiamata a rispondere oggi rispetto a quelle dei tempi di Gemelli e delle generazioni seguenti; e diverse saranno le vie e le prospettive. Ma identiche e ancora valide rimangono le ragioni e le speranze, quelle da cui essa nacque: che la fede possa essere lievito di umanità e di sapere, stimolo di generosità e di impegno sociale per chi studia, ispirazione per un bene comune da ricercare attraverso tutti gli strumenti della cultura e della scienza.

La Chiesa italiana lanciando il suo «Progetto culturale» ha dimostrato di aver piena consapevolezza dell´importanza di tutto ciò, e tanto meglio l´Università Cattolica saprà fare la sua parte quanto più sentirà le sollecitazioni, e la fattiva fiducia in lei, di tutti i cattolici italiani.


17/04/1999