- Milano
- Dipartimento di Storia moderna e contemporanea
- Carte Mozzarelli
- 1999
- La Rivoluzione francese cambia il mondo
La Rivoluzione francese cambia il mondo
Il primo di novembre del 1700 muore Carlo II, ultimo rappresentante del ramo spagnolo della casa d´Asburgo. Nel giro di pochi mesi la guerra di successione spagnola coinvolge le maggiori potenze europee, dalla Francia all´Inghilterra, dall´Impero asburgico all´Olanda. Al Nord nel frattempo si scatena la guerra contro l´egemonia svedese nel Baltico. E´ la fine di un equilibrio europeo che si era delineato nel corso del Cinquecento al tempo dei grandi successi della monarchia di Spagna; e si puo dire che, sia pure con intervalli di pace, fino alla fine della guerra dei sette anni nel 1763 l´Europa non ritroverà un assetto stabile. Questo sarà però imperniato a quella data su Inghilterra, Prussia, Francia e impero asburgico, questi due dopo una ostilità secolare alleati dal 1756. La storia europea che aveva avuto il suo baricentro fino al Settecento nel Mediterraneo lo sposta a Nord e vede con l´emergere dell´Inghilterra come principale potenza mondiale e l´affermarsi militare della Prussia sul continente in concorrenza con l´Impero anche un nuovo protagonismo culturale dei paesi protestanti rispetto a quelli cattolici e mediterranei. La soppressione da parte del pontefice nel 1773 dei gesuiti, l´ordine religioso che più di ogni altro corpo si era identificato con la cultura del classicismo cristianizzato, con il riferimento al modello degli antichi riletto in chiave di virtù cristiana, e che aveva impostato su di esso la propria linea culturale ed educativa, sanziona con tutta evidenza l´avvenuta trasformazione politica e ideologica d´Europa.
Non più l´esempio del passato ma la fiducia nel progresso dell´umanità costituisce ormai la chiave interpretativa della realtà. Ai viaggi immaginari, alle descrizioni di luoghi utopici in un altrove spaziale, al modello del racconto morale insomma come era stata gia l´Utopia di Tommaso Moro subentra con L´anno 2440 di Sebastien Mercier (1770) la nuova forma dell´utopia come immaginazione di un futuro possibile di pubblica felicità da costruire secondo i criteri razionalistici della cosiddetta filosofia dei lumi e riformando la società. Il termine riforma, come verso la fine del secolo quello di rivoluzione, conosce nel corso del secolo in effetti una peculiare torsione. Di riforme si era sempre parlato, ma riformatore aveva significato ancora al principio del Settecento restaurare, ridare la forma migliore a qualcosa che si era corrotto. Poi acquista l´inedito senso del dare nuova e migliore forma; e tale novità - come avrebbe detto il grande riformatore Pompeo Neri cui si deve con quelle del catasto e delle amministrazioni locali il concreto avvio a metà secolo del processo di riforma in Lombardia - si può concepire e realizzare soltanto attraverso una politica generale, complessiva di riformismo illuminato, ovvero ispirato e sostenuto dalla fiducia di poter con la ragione individuare le soluzioni più adatte al benessere dell´uomo indipendentemente dalla tradizione. Entro il generale movimento illuminista che percorre il secolo e che tocca tanto la politica quanto la società o la religione e modifica il modo stesso di vivere degli individui - ad esempio mutando i rapporti famigliari nel senso del primato del sentimento, prima tra coniugi, poi tra genitori e figli - si ritrovano sensibilità diverse e intenzioni differenti. Il riformismo dei sovrani può giocare sull´idea di una riforma in meglio dell´assetto sociale per accrescere il dislivello di potere fra re e sudditi, i ceti subalterni per mettere in discussione le gerarchie sociali aristocratiche e l´idea stessa di nobiltà, gli spiriti religiosi per insistere su una riforma rigorista della Chiesa, altri per esaltare un materialismo razionalista estremo come quello di D´Holbach, e così via; tutti si trovano però presto confrontati con la critica all´idea stessa di progresso e di incivilimento avanzata già a metà secolo da Rousseau.
L'uomo nasce libero e ovunque e in catene, scrive il ginevrino, solo il ritorno alla natura garantisce l´uomo contro i vincoli della società, non dalla ragione ma dal sentimento può venire la conoscenza della vera condizione umana. Se il classicismo cristianizzato aveva trovato il modo di combinare ragione e passioni attraverso l´idea di una etica religiosa e l´uso delle passioni come strumento della virtù, la nuova cultura settecentesca che rifiuta un finalismo metafisico si trova posta in tensione fra le polarità opposte della fiducia nella razionalità universale da un lato, e nel richiamo al sentimento individuale dall´altro. Sarà una eredità che lascerà irrisolta alla modernità e che giungerà fino a noi divisi fra progetti ideologici generali e rigidamente normativi e rivendicazione dell´unicità individuale e della felicità raggiungibile solo nel soddisfacimento delle personali passioni.
Allo stesso modo la dialettica dell´Illuminismo agirà contraddittoriamente nell´ambito pubblico. La Rivoluzione da termine astronomico (la rivoluzione degli astri) diventando prima in America (1776), poi in Francia (1789) sinonimo di cambiamento radicale da un lato esalterà il diritto alla felicità degli individui e fonderà l´idea moderna di libertà ed eguaglianza, inventerà le forme della democrazia come noi ancora oggi le conosciamo e pratichiamo, ma dall´altro limitando l´orizzonte umano al mondo sensibile permetterà all´autorità politica, investita del compito di garantire quantomeno le condizioni della pubblica felicità, una assolutezza di potere prima sconosciuta e una indifferenza sovrana al destino e alle sofferenze dei singoli, sacrificabili senza pietà al fine della realizzazione della felicità futura. Come la democrazia così i totalitarismi novecenteschi saranno frutto della medesima cultura, volti contraddittori della medesima autonomia, vuoi nelle loro versioni reazionarie, vuoi in quelle progressiste. Fino a quando la crisi del progresso non apparirà evidente essa stessa in questi nostri ultimi anni, lasciandoci però orfani di ogni certezza mondana, dopo due secoli impegnati a ricostituire un discorso complessivo sui frantumi di quello settecentesco e illuminista.
24/11/1999