Università Cattolica del Sacro Cuore

Se Berlinguer fa l´insegnante di religione

Ricapitoliamo. Se non ho capito male il senso dell´intervista di ieri a "Il Giornale" il ministro Berlinguer propone una sorta di scambio: io, a voi cattolici, vi do la parità; e voi in cambio lasciate perdere con l´insegnamento del catechismo nelle scuole, come egli dice, e accettate di trasformare l´ora di religione in un´ora di asettica cultura religiosa: qualcosa come la credenza in Dio come fatto antropologico, magari con tante diverse manifestazioni storiche, ognuna ugualmente rispettabile. Forse il ministro pensa che questo siano il mercato e la competition, magari la terza via della sinistra europea. E senza dubbio siamo sul mercato, ma quello da suk arabo, dove tutto si contratta e l´obiettivo è far l´affare comunque.

Pensavo che la scuola fosse questione di princìpi, di progetto educativo, di competenze culturali e tecniche, di valori sociali condivisi. Pensavo che di questo si discutesse a proposito della parità, o del rinnovo dei cicli scolastici e dei nuovi curricula. Scopro, scopriamo che no, si parla di un affare un poco sporco, di un implicito baratto fra insegnamento della religione cattolica come tale, da parte di insegnanti non a caso scelti dalle curie vescovili, e tradimento per trenta denari della convinzione che si possa proporre la religione come verità.

Fino a ieri lo stesso ministro spiegava che per la scuola non statale si era fatto il massimo e se ne vantava, ma che purtroppo di soldi in più non c´erano. E adesso evidentemente i soldi ci potrebbero essere, a meno che anche la parità non sia un trucco, a patto che, eh sì, a patto che, si rinunci a insegnare la religione cattolica nell´ora facoltativa - facoltativa si noti - come si fa adesso.  Peccato veramente che un ministro colto come Berlinguer, studioso dello Stato moderno e della libertà dei cittadini, sia sceso a un simile contratto di denari. Avrei capito la sua proposta se l´ora di religione fosse obbligatoria: avrebbe potuto spiegare che per rispetto della libertà individuale la si rendeva facoltativa ma che al contempo, proprio per le stesse ragioni, il Governo non avendo intenzioni oblique contro la fede della stragrande maggioranza dei cittadini italiani, si preoccupava di tutelare la libertà di formazione e insegnamento anche aumentando le risorse alle scuole non statali e cattoliche. 

Ma l´ora di religione, come abbiamo detto, è già facoltativa. E perché allora il ministro la vuole abolire? Forse perché vi si iscrive la quasi totalità degli studenti? È questo lo scandalo che gli eredi del marxismo-leninismo e del laicismo scientista non riescono a digerire? Che malgrado tutto, gli studenti e le famiglie non voltino le spalle a quell´ora facoltativa ed esplicita nei suoi fondamenti di fede dalla quale vantaggi pratici non si traggono? Bella prova di laicità, non c´è dubbio, e di garanzia della libertà. E di buona fede, e bravo chi ci crede.  Perché se le cose stanno come abbiamo detto, questa uscita ferragostana rivela che dietro tante virtuose dichiarazioni di laicità e di rispetto della religione, ciò che al ministro e al suo Governo non va giù è che i cittadini siano liberi di scegliere. Certo, complici forse involontari anche taluni pedagogisti di orientamento cattolico - bisogna dirlo - i nuovi cicli scolastici prevedono tante belle alternative di materie, e crediti formativi, e tanti marchingegni tecnici per far navigare gli studenti verso la meta loro più congeniale. Si potrà scegliere tra tedesco e giardinaggio, tra storia del cinema e, che so, educazione psicomotoria, e magari come negli Stati Uniti - il modello per eccellenza di tanti decerebrati intellettuali che si applicano a questioni di scuola - anche l´imparare a far la torta di mele darà un credito formativo. Ma non si potrà scegliere in realtà sull´orientamento culturale.

Questo deve essere unico, unico il pensiero ammesso. O se vogliamo, tutti vanno bene purché non si ispirino esplicitamente alla fede cattolica. Essa appare dunque come il principale ostacolo all´omologazione culturale, al confezionamento di una verità di Stato, e ciò persino nella forma così discreta e non invasiva di un´ora: un´ora su trenta circa, il tre e rotti per cento insomma, e facoltativa. Siamo al paradosso che dall´odio laicista viene alla fede quell´omaggio alto e convinto che tanto mondo cattolico desideroso di piacere, incerto delle proprie ragioni in Cristo, nemmeno osa sussurrare, e credere. Varrà per loro il monito biblico. Poiché non sei stato né caldo né freddo, ti sputerò dalla mia bocca.

Ma a questo Governo e a questo Stato tanto arroganti, cosa dovremo invece dire? Che se non sono capaci di pensare la libertà, la libertà come tutto dell´uomo, non singoli e contrattabili spezzatini di varie libertà, ebbene meglio sarebbe che dalla scuola uscissero del tutto. O almeno umilmente ricominciassero a cercare e a lasciar cercare il senso della vita, le radici e l´identità della nostra cultura e così reimpostassero, per pubblicamente presentare e discutere, la loro idea di scuola e non solo di istruzione ma di formazione umana. E che sappiano che su questo non possiamo transigere. D´altro canto il ministro che vuole un insegnamento «culturale» e non orientato secondo la fede della religione cattolica, è così sicuro che per lui tutte le scelte e le idee siano sempre eguali e si debbano presentare senza prendere partito? Anche democrazia e fascismo, tanto per fare un esempio, o razzismo e solidarietà fra gli uomini?  Ma se l´ora di religione è così importante, ed è un presidio così eccezionale alla formazione dei ragazzi, ebbene allora sarà il caso di renderla sempre più capace di trasmettere le ragioni della fede come compimento dell´umanità e sua speranza. C´è una Università Cattolica, c´è ad essa collegato a Brescia un istituto di studi religiosi. In tempi non sospetti si era avanzata l´idea che lo si potesse far diventare il centro per la formazione, almeno in parte, dei formatori degli insegnanti di religione scelti da ciascuna diocesi, proprio pensando che un conto è presentare la fede cattolica in quanto tale in un percorso di iniziazione cristiana, come nella catechesi parrocchiale, un conto in un contesto scolastico.

A Brescia e non solo, per quanto ne so, l´idea non dispiaceva. Forse sarebbe il caso di riprenderla.


13/08/1999