Università Cattolica del Sacro Cuore

Tracce all´insegna del buonismo. Fanno rimpiangere Petrarca e Cicerone

Ieri dicevamo che i progetti di riforma della scuola vanno nel senso di privilegiare la socializzazione politica, il senso di appartenenza civica sui contenuti disciplinari specifici. I temi della maturità di quest´anno sono già coerenti con una simile prospettiva. Spirano complessivamente un´aria di conformistico buonismo veltroniano, di rispetto delle idee ricevute laiche e democratiche, di sollecitazione a un dibattito ma secondo linee ben prevedibili da qualunque studente non completamente scemo o suicida. Idee ambiente insomma: intellettuali e grande guerra: ovviamente perplessi e divisi; democrazia e fascismi tra le due guerre: giusta la prima; il progresso - scientifico e tecnologico - e i suoi eventuali limiti: avanti con giudizio; il volontariato con considerazioni suggerite anche «dalle tue personali esperienze»: che bello far del bene.

Quest'ultimo tema aveva poi fin dalla formulazione un andamento praticamente già scritto in tutte le sue parti: caramello allo stato puro, coi bisogni, l´impegno civile, i giovani, gli interventi «integrativi o compensativi» (e si noti la finezza della dizione che specificando esclude possano essere liberi o alternativi), le motivazioni profonde.  Forse solo il tema sulle trasformazioni della famiglia era davvero aperto, e metteva alla prova la «maturità» degli studenti. Nel senso che obbligava a cavare dalla propria formazione ragioni e argomenti per sostenere una tesi per la quale non esiste pensiero unico e garantito perché il dibattito attraversa tutta la società e non c´è indicazione univoca riguardo al senso delle trasformazioni stesse.

Cacciarsi su questo tema disponendo degli altri significava cercar rogne, salvo forse svolgerlo come articolo di giornale all´insegna della notizia separata dal commento. Ma anche così non era facile perché di dati bisognava averne in testa, se pur con l´aiuto dei materiali offerti dal ministero. Onore a chi ci si è arrischiato. Altra costante: l´impero della contemporaneità novecentesca. Appiattimento assoluto anche da questo punto di vista: almeno fra i materiali offerti si poteva inserire qualche testo più antico su cui giocare di sponda, articolare senso e dissenso, offrire profondità temporale ai fenomeni. Macché, tutto dentro le due guerre, salvo ancora una volta il tema sulla famiglia (l´altro sul volontariato per quanto abbiamo detto non conta).

Perché se Novecento ha da essere, dev´essere quello per il quale dubbi non ci sono e non ne provoca, quello di fascismo e democrazia in lotta, quello per il quale le categorie politiche tradizionali meglio possono ancora funzionare e stimolare il consenso più ovvio. I riformatori vogliono disfare i curricula tradizionali perché troppo distanti dalla realtà? Ma rispetto a queste tracce così ovvie vien da dire che almeno il senso di irrealtà e straniamento provocato in ipotesi dagli attuali percorsi formativi obbliga ineluttabilmente a riflettere, non offre un senso premasticato e predigerito, pronto all´uso quotidiano e non impegnativo.

Viva Petrarca e le sue pene d´amore, viva Cicerone così perbene, viva tutto quello che a scuola a suo tempo ci ha irritato e angustiato a diciott´anni, santo cielo, se l´alternativa deve essere questa. Davvero sarà più preparato ad affrontare la complessità del presente lo studente cui si offrono i luoghi comuni di una o due generazioni fa di quello cui si insegnavano gli altri sempre ripetuti di venti o trenta suoi antenati fa? Diceva don Lorenzo Milani in una lettera che ci aveva messo vent´anni ad uscire dal novero dei lettori dell´Espresso, intendendo dal buon senso progressista. E come si sa la famosa «Lettera a una professoressa» era indirizzata a una professoressa comunista. Certo dall´altra parte ci stavano le querele dei cappellani militari.  Ma serve a qualcosa cader dalla padella per cascar nella brace? Fuor di metafora il problema è ancora quello di contestare un´idea tradizionalissima di società che nessuno più difende incitando a un conformismo su valori che a loro volta nessuno più discute? Se contemporanei s´ha da essere allora si abbia il coraggio di mettere alla prova la consapevolezza e le cognizioni dei ragazzi con le contraddizioni dell´oggi: quelle di una guerra «etica» come in Kosovo, o quelle della pratica sfiducia nella democrazia documentata dall´astensionismo travolgente degli ultimi anni per star sul campo politico che tanto piace a chi prepara i temi. Già, ma su questo sono preparati gli studenti? E soprattutto, è preparato il nostro tanto tradizionale e paternalisticamente illuminato Ministero? Ragazzi, conformismo vi chiedono?

E allora alla guerra come alla guerra. Batteteli sul loro terreno. Ancora uno sforzo e arrivano le vacanze.


24/06/1999