Università Cattolica del Sacro Cuore

Aiuto, la globalizzazione ci insegue anche in vacanza

Quindici chilometri di coda al Brennero: tutto come al solito, i tedeschi cercano la primavera. Ventun milioni di italiani in viaggio: quasi tutto come al solito, con la novità semmai che anche noi andiamo soprattutto al mare, dove c´è il tutto esaurito e la prima leggera abbronzatura fa tanto trendy. Mentre quella mattone da ultima sciata no, che sembra di averla cercata in saldo. Orrore. Ti dichiara subito out. La vera vacanza pasquale si deve poter raccontare, e tanto più è improbabile, tanto meglio è.

Il trenta per cento dei milanesi e dintorni è partito in aereo. Non va evidentemente tanto vicino. Ci saranno le solite Londra e Parigi nel mazzo, qualche Praga - ma in due giorni hai già visto tutto, ci spiega premuroso l´amico che ci è andato l´anno scorso -, soprattutto però ci sono le mete esotiche. Vogliamo mettere sei giorni in Messico? È vero, due sono di viaggio e negli altri quattro devi vedere le rovine precolombiane, visitare il mercatino pseudopopolare, fare il bagno, ballare fino all´alba, spremerti il cervello per un´osservazione sociologicamente intelligente da riportare in patria (minimo: «E poi dicono che c´è la crisi. Ci sono più italiani qui che in Italia»), sbronzarti di tequila e farti passare il mal di testa conseguente, magari anche dimostrare al partner stupefacenti qualità a casa da tempo assopite. Insomma, neanche un momento per riposare.
Però, alla fine, che vacanza!  È vero, il sombrero gigante felicemente indossato a Malpensa, a Dalmine o Cantù è già imbarazzante, e arrivati a casa scomparirà per sempre.

Ma poter esibire Cancun, o almeno Cuba, il Marocco, purché in fuoristrada sui monti dell´Atlante, il Kenya no, fa troppo anni ´80 e Milano da bere, vuoi mettere che soddisfazione?  Intanto qui il Governo è caduto, un altro cerca di nascere, forse ce la fa, forse no. E si discute di scelte e di prospettive, di referendum, Ulivo, Casa delle libertà (Polo anche lui non è più trendy) prossima «devolution», dell´Emma nazionale tradita dalle urne ma restia a dimettersi. E allora? Nemmeno il toto ministri appassiona, a parte gli insegnanti che spiano la fine dell´odiato Berlinguer.

D'altro canto se persino la Borsa è più attenta a quanto succede a New York piuttosto che a Palazzo Chigi, perché dovremmo preoccuparcene noi? È la globalizzazione, e non ci puoi fare niente bellezza, forse direbbe un redivivo Bogart.  Pare che una volta tanto l´avesse precocemente indovinata Mussolini quando aveva concluso che governare gli italiani non è difficile, è inutile. Già, perché a ben osservarla questa Pasqua di connazionali che in folla fuggono dalla pazza folla, ci dice che in silenzio un´altra epoca si sta chiudendo, e un´altra nostra identità dissolvendo senza che nessuno l´abbia programmato o previsto. Se si va in un altro mondo, o almeno al mare, vuol dire che al paesello non c´è più nessuno da cui tornare.

La generazione giunta ora ai trenta-quarant´anni le famose lucciole scomparse cantate da Pasolini non le ha mai viste, e non rimpiange quell´Italia rurale; allo stesso modo l´immigrazione dei genitori è un dato storico senza più significato. Torneranno forse i figli fra altri trent´anni, come gli italoamericani oggi a cercare un mondo antico che in realtà non c´è più. Ma sarà un´altra cosa.  E poi ci sarebbe anche la Pasqua religiosa, senza la quale addio Cancun. E le austere cerimonie della Settimana Santa. Già, ci sarebbe. E c´è, e per fortuna ci sarà, anche l´anno che del Messico ne avremo avuto abbastanza.


22/04/2000