Università Cattolica del Sacro Cuore

Cariplo, Comit, Intesa. Inizia una nuova storia

Come tutti i correntisti Cariplo ho ricevuto nei giorni scorsi una cortese letterina nella quale mi si annunciava ufficialmente che con la fine dell´anno questa banca, assieme al Banco Ambrosiano Veneto e alla Banca Commerciale italiana si sarebbero fuse in Banca Intesa. Seguivano le rassicurazioni sul fatto che nulla sarebbe cambiato per noi clienti.

Chissà se il funzionario che l´ha stesa si sarà reso conto, mentre la preparava, di star componendo un documento storico. Altri potrà spiegare meglio di me come le riforme del sistema bancario avviate dal primo governo Amato al principio degli anni Novanta e le esigenze della globalizzazione economica abbiano reso inevitabile, e anzi vantaggioso, tutto ciò. Su un altro piano tuttavia non vi è dubbio che un lutto vada elaborato e celebrato. Tre storie diverse ma tutte radicate nella identità lombarda vengono a concludersi. Tre storie che fino a non molti anni fa mai avrebbero pensato di potersi incrociare.

L´Ambrosiano, la banca dei preti un tempo con quel che ciò significava in un´Italia postrisorgimentale che ai cattolici guardava con sospetto; la Commerciale con il suo mitico ufficio studi intorno al non meno mitico Raffaele Mattioli, punta di lancia di una intellighentzia laica e colta, e prima, alle origini, espressione dell´integrazione della Lombardia nelle vicende del capitalismo internazionale; la Cariplo infine, la più antica essendo nata nel 1823, espressione della volontà milanese di autonomia e implicita sovranità entro l´uniforme impero asburgico, e intenzionata a legare a sé gli altri popoli di Lombardia, per riprender l´immagine con la quale veniva celebrata al suo tempo la cupola brunelleschiana del duomo di Firenze. Dove il tempio sarebbe stato rappresentato per varie generazioni di lombardi da quelle pesanti colonne doriche della sede centrale, la Ca´ de sass, simbolo di solidità e affidabilità, così come il senso di un destino comune nel principio di formale parità fra le province di Lombardia inscritto nel nome stesso della banca.

Che si sarebbe venuta caratterizzando sempre più per la sua partecipazione alle vicende e alle esigenze della società lombarda stessa. Se la Comit con le sue aristocratiche imprese culturali, come la purtroppo incompiuta collana dei classici italiani, rappresentò la volontà di proporre una sfida alta da Milano all´Italia e al mondo mostrando la capacità, o piuttosto la necessità, di coniugare affari e sapere umanistico, la Cariplo si propose come l´altro volto di Milano, quello piuttosto solidaristico, da buon padre di famiglia attento ai propri sacrosanti interessi, ma non gretto e avaro, anzi disponibile a venir incontro ai bisogni grandi e piccoli delle mille articolazioni della società locale.

I miliardari interventi di illuminato mecenatismo, come da ultimo quello per il restauro del complesso dell´Ambrosiana, si sono sposati così alla miriade di piccoli contributi che hanno favorito in tanti casi il rigoglio d´una attiva società civile in molti ambiti diversi. Non c´è purtroppo un Gadda che canti questi moderni fasti di una Milano che va rapidamente mutando pelle, come egli seppe fare sotto il velo dell´ironia anche feroce a suo tempo per «el noster Politecnik», ma non vi è dubbio che queste banche rimarranno a lungo nell´immaginario lombardo, a esprimere la complessità e ricchezza, non solo finanziaria, della Lombardia e a chieder conto a chi viene dopo di loro di saperne essere in un contesto che tanto va mutando, degno successore.


31/12/2000