- Milano
- Dipartimento di Storia moderna e contemporanea
- Carte Mozzarelli
- 2000
- Dietro la rimozione dell´antifascismo
Dietro la rimozione dell´antifascismo
Se l´attentato fortunatamente fallito al «Manifesto» sia da inscrivere nella logica di una follia individuale, di un possibile terrorismo memore della strategia della tensione, o infine di una demenziale lotta entro le frange estreme della destra più estrema per evitarne una «deriva» legalitaria, ci diranno le indagini. La storia repubblicana dalla fine degli Anni Sessanta in poi ci avverte però che gli italiani premiano chi viene attaccato dal terrorismo e non il contrario. Trent´anni fa la strategia della tensione ebbe come frutto le maggiori vittorie elettorali della sinistra, così come poi le imprese delle Brigate rosse favorirono il lungo decennio di egemonia del CAF.
E questa è, io credo, la maggior garanzia per la tenuta della nostra democrazia, il rifiuto collettivo cioè della logica del terrore da qualunque parte essa provenga. Detto questo, va osservato che nelle analisi seguite all´attentato non è mancato chi ha ripreso toni e argomentazioni antiche lamentando tra l´altro che dell´antifascismo più nessuno parli, accusando - lo fa Ezio Mauro su «Repubblica» - che il «problema del fascismo è stato rimosso nell´ultimo decennio, anche grazie all´opera ideologica del revisionismo nostrano» e il «valore fondativo» dell´antifascismo obnubilato.
Gli possiamo dar ragione ma di chi è la colpa? Mauro l´attribuisce oltre che al revisionismo alla «ossessione anticomunista» che avrebbe «sistematicamente lavorato per la demolizione dell´antifascismo italiano». Forse senza rendersene conto egli però in questo modo ce ne dà un´altra di ragioni, più profonda, e che davvero ha motivato - a mio avvisto - il silenzioso distacco da un antifascismo di maniera indubbiamente compiutosi negli ultimi anni. Mi riferisco all´implicita equivalenza, o almeno strettissimo nesso, fra antifascismo e comunismo sottesi alla sua argomentazione. L´antifascismo è stato utilizzato per anni anche come strumento per legittimare un partito comunista di stretta osservanza moscovita prima e che ha dovuto attendere Berlinguer per dichiarare la fine della capacità propulsiva dell´esperienza sovietica e la caduta del Muro per superare la stessa prospettiva d´una palingenesi comunista. Non c´è da meravigliarsi che un antifascismo ridotto largamente a strumento di parte, di quella parte abbia subito il destino. Ma se il tutto si limitasse a questo, sarebbe ancora poco male.
In realtà se l´antifascismo è, o dovrebbe essere, un «elemento costante» della nostra «identità democratica», come Mauro scrive, il danno fatto attraverso quella operazione è stato molto più grave. Non è un caso che i vari Istituti di storia del Movimento di Liberazione in Italia stiano in questi anni via via assumendo il nome di Istituti di storia contemporanea. Le persone che li frequentano sono le stesse e le credenziali democratiche di chi le governa, da Laurana Lajolo in giù, impeccabili e se vogliamo squalificarli tutti come revisionisti facciamo pure.
Ma non saremmo seri. Chiediamoci piuttosto se essi non sentano il bisogno di distanziarsi da una visione troppo limitata della nostra storia, imperniata sulla vittoriniana contrapposizione fra «Uomini e no» ovvero, ancora una volta sulla distanza fra i pochi e gli altri, gli ignavi, gli attendisti quando non i complici del fascismo. Quell´antifascismo che è stato una lenta e drammatica presa di coscienza popolare del valore e della dignità della libertà. Quella sempre più larga presa di distanza dal regime compiutasi in mille modi diversi - e che i cosiddetti revisionisti oggi indagano - e rispetto al quale l´antifascismo militante e la resistenza armata rappresentano solo la parte emersa, impensabile senza la massa sottostante, ridotti ad arma contundente per legittimare i pochi e squalificare tutti gli altri, ha espropriato l´Italia della propria storia. Se ora essa non vi si riconosce, la colpa è di chi ha contrapposto élites illuminate e masse oscure, di chi insomma ci vorrebbe soprattutto ostaggi di qualche giacobina presunzione al governo dei puri e dei migliori.
24/12/2000