Università Cattolica del Sacro Cuore

L'Italia laica s'è desta, ma si dia una calmata

La «Stampa» pubblicava ieri un manifesto di Alessandro Galante Garrone nel quale si lamentava che le critiche al Risorgimento avanzate in una mostra al Meeting di Comunione e Liberazione dello scorso agosto costituiscono «una distorsione della verità storica» e si traducono «in una provocazione inaccettabile per l´Italia civile», minacciano addirittura le «radici stesse dell´esistenza dello Stato italiano». E ciò «nel contesto di una aggressione a raggio ancora più ampio contro i principi laici e liberali che costituiscono parte fondante della Costituzione repubblicana». Delineato un simile quadro, l´autore chiamava a raccolta la cultura italiana «che deve sentirsi impegnata a rispondere a tale attacco», il quale può «travolgere le ragioni stesse della nostra convivenza civile». Addirittura! Come il 99,9% dei cittadini italiani non ha visto quella mostra, che doveva essere davvero terribile se ha provocato un tale panico e comprovato l´esistenza di una cospirazione eversiva ancor più ampia e di tanta portata.  Mi vien in mente un episodio di un paio d´anni fa. Si presentava a Bozzolo, in provincia di Mantova, la pubblicazione degli statuti seicenteschi di quel piccolissimo dominio di un ramo cadetto della famiglia Gonzaga.

Quando il pubblico fu avvertito della presenza in sala dell´ultimo discendente della casata, scoppiò un gran applauso. Non era un atto di cortesia. Lo capisco solo ora. Là si tramava per una restaurazione del Principato. In un quadro più ampio, infatti, qualche tempo dopo a Catania si apriva una mostra sui Borbone, e anche là era presente un discendente, e veniva festeggiato. Le messe per gli zuavi di Pio IX morti combattendo per il Papa re sono affare di questo mese, e sicuramente mi sfuggono altri casi particolari. Ma a chiudere il cerchio e provare il teorema può bastare l´insistenza improvvisa nel voler far rientrare i Savoia. E chi portò per primo in Consiglio dei ministri il problema? Prodi, cioè un cattolico.  È chiaro, un fantasma si aggira per l´Italia, anzi due, alleati fra di loro: quello degli antichi sovrani che forse puntano a una confederazione -sotto la presidenza del Papa: era un´idea che circolava ai tempi di Pio IX, non a caso ora beatificato-, e quello degli «sconfitti dalla storia» che «ritornano» come titola «La Stampa» alludendo ai cattolici. E anche Bossi dev´essere della partita. Perché altrimenti insisterebbe tanto con questo benedetto federalismo? Federalismo, confederazione, capito il link? Gli avranno promesso il ducato di Varese. Insomma, non lo sapevamo, ma stiamo dentro un film horror, dove i morti viventi a volte ritornano. O almeno credono di starci gli autoproclamatisi difensori del Risorgimento e delle virtù repubblicane, a giudicare dai loro incubi. Stiano sereni, si rilassino, non è così. 

Lamentando anch´egli un eccesso di visibilità e importanza data alle opinioni della gerarchia ecclesiastica e alle posizioni cattoliche nel dibattito politico e sociale, ma negando il pericolo d´una riconquista clericale, Sandro Viola su «La Repubblica» di ieri si chiedeva come mai questo stesse accadendo ora, come mai la cultura laica, scriveva, «abbia abdicato per anni al suo dovere d´intervento». Già, piuttosto che lanciare anatemi converrebbe chiedersi perché sempre più politici e commentatori abbiano prestato orecchio a quanto dicevano i vescovi, e gli intellettuali abbiano dato importanza a eventi circoscritti o a pubblicazioni semiclandestine.  Il problema non è che la Chiesa o i cattolici parlino, quanto che gli altri non sappiano più cosa dire, o come farsi ascoltare e stimare. Tanta virtuosa indignazione mi sembra infatti piuttosto prova di debolezza che di forza e consapevolezza. Sembra che l´unico consenso raggiungibile in ambito laico sia su «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Ma di questo può accontentarsi il poeta, non il politico o l´intellettuale. Non si può giocare solo di rimessa e lamentarsi poi che gli altri vengano avanti, e magari facciano goal.  D´altra parte quando Viola si stupisce del silenzio degli intellettuali laici dovrebbe pure ripensare alla loro storia.
A parte un´esigua pattuglia, gli altri vengono dalle fila della sinistra socialista e comunista, e loro per primi negli scritti giovanili e della maturità hanno insistito sui limiti del Risorgimento, parlato male di Garibaldi e riesumato l´eccidio di Bronte, lamentato che i democratici siano stati sconfitti e che il Risorgimento si sia largamente risolto in affare di una élite borghese e non di tutto un popolo, citato la diagnosi di Jacini sulla distanza fra paese reale e paese legale, insistito sullo scandalo di un elettorato ristretto alle prime elezioni allo 0,6% dei cittadini, sospettato di manipolazione i referendum che sancivano l´Unità, constatato come la nazionalizzazione delle masse, ovvero la loro partecipazione attiva alla vita del paese, sia stata conseguenza dell´azione socialista e cattolica, non certo di quella liberale, oltre che frutto non previsto di quella tremenda prima guerra mondiale presentata come il compimento del Risorgimento e che lasciò il paese così spossato da cader preda del fascismo. Il quale pure, e non solo la Resistenza (tutta, anche quella che collaborò coi titini, compì la strage di Porzus, giustificò le pretese iugoslave su Trieste?), si vantò erede di un Risorgimento da cui prese tanto per dire, l´idea, che era stata di Pisacane se non ricordo male, delle camicie nere come divisa.

Ma lasciamo perdere l´uso improprio della storia compiuto dalla dittatura.  Resta il fatto che è difficile protestare adesso solo perché quel che si diceva ieri viene ripetuto da una compagnia non gradita. E detto questo, aggiungiamo che se Cl fa cattiva storia, non mancano gli strumenti per contestarla. Non son certo le cattedre universitarie e le case editrici a difettare agli intellettuali firmatari, io credo. E ne sono sinceramente lieto perché credo nel pluralismo e nel rispetto delle opinioni altrui, anche di quelle scomode. Aggiungo che se quei quattro poveri untorelli di Rimini davvero spiantassero lo Stato italiano e la civile convivenza, beh, allora vorrebbe dire che il re è già nudo e lo Stato italiano finito. Personalmente non mi sembra, e non lo credo. Credo però anche che le crisi del presente e le sfide del domani non si possano esorcizzare evocando mostri da abbattere e gridando per darsi coraggio.


28/09/2000