Università Cattolica del Sacro Cuore

Lacrime di coccodrillo sugli insegnanti

De Mauro o dell´acqua calda. Per la seconda volta in pochi mesi il solerte ministro della Pubblica Istruzione ha scoperto che gli insegnanti di ogni ordine e grado, come si dice, hanno stipendi da fame. Due milioni o giù di li con 10-15 anni di lavoro. E si è detto preoccupato, forse anche amareggiato. Bravo, bene.  Ma non è lui il ministro? E dunque dopo le lacrime vorremmo qualche provvedimento concreto, di quelli che appunto nella competenza di un ministro ricadono.

Come destinare subito i 1260 miliardi messi da parte per i vincitori dello sciagurato quizzone che doveva selezionare gli insegnanti più capaci, o come, magari, un bel progetto per ridisegnare anche il profilo salariale dei docenti.  De Mauro sarà certo uomo d´onore, ma da nessuna parte ho letto un suo intervento per reclamare alla scuola un po´ dei soldi che il governo deve distribuire con la prossima finanziaria. Mi chiedo cosa stia aspettando. Non mi vorrà dire che il suo ministero non conta nulla. 

 Anche perché quando si vuole i soldi per la scuola si sono trovati. Sì, ma quando si vuole? Ad´esempio, di recente quando ci sono di mezzo degli amici. È il caso dello sciagurato progetto per introdurre i computers nelle scuole. Capisco che Colaninno e l´Olivetti devono vendere - se è vero quel che si dice che a loro toccherebbe fornire gli apparecchi - ma si si spiega cosa significa un computer per ogni classe? Non prendiamoci in giro. È una dotazione insufficiente per qualunque serio programma di apprendimento e, data la rapida obsolescenza dei computers stessi, se si volesse davvero stare aggiornati lo stock dovrebbe essere rinnovato ogni tre o quattro anni al massimo con costi pazzeschi. Perchè piuttosto non incentivare le imprese ed al limite anche i privati a donare alle scuole i computers che dismettono? Avremo il penultimo modello, ma sempre rinnovato e a costo zero. Capisco che è troppo semplice, e poi con gli amici, come la mettiamo? 

Purtroppo se il governo dorme, non mi sembra molto sveglia nemmeno l´opposizione. Si avvicinano le elezioni, gradiremmo qualche intervento autorevole, uno straccio di progetto l´avvio di una discussione. Invece del silenzio sarebbe già qualcosa. Perché il problema è serio serissimo, e destinato a peggionatre ogni giorno che passa.  

È uscito postumo il libretto di Sandro Onofri «registro di classe». Era un insegnante nelle scuole superiori a nord di Roma. Merita di essere letto perché descrive bene il disastro culturale e sociale che ha lasciato dietro di se la mutazione antropologica dell´Italia da Paese contadino a post industriale. E ancora più terrificante è il fatto che tutto l´ardore riformatore dell´autore si risolve nell´applicazione di entusiasmo personale e buona volontà nell´appello al senso del dovere etico prima ancora che professionale. E chi conosce la scuola sà quanto impegno e dedizione vi sia nella grande maggioranza degli insegnanti. Ma non si può chiedere loro di essere eroi ogni giorno senza una prospettiva. qualcosa vorrà dire che siano spesso i più motivati e sensibili a cogliere oggi tutte le opportunità di prepensionamento. Con amarezza, ma con determinazione, alla ricerca di uno scampo individuale.

E viene da dire, fanno bene. 

Quando una docente di pedagogia all´Università lamenta sui giornali che lariforma universitaria allunga troppo l´iter formativo dei maestri rispetto al loro futuro stipendio dimostra infatti che anche fra chi di mestiere di scuola dovrebbe capirne,  preoccuparsene, ci si è arresi alla situazione attuale.   E in questa condizione drammatica abbiamo per di più inventato una riforma dei cicli scolastici, di cui tanto si è discusso e polemizzato senza preventivamente discuterla pubblicamente e scimmiottata dalle esperienze anglosassoni di trent´anni fa. quelle dalle quali là stanno cercando di tornare indietro, tantè che i figli di Blaier vanno a una severa scuola privata e per di più cattolica. Purtroppo anche in questo campo finiamo per pagare gli irrisolti problemi della nsotra storia.

Da  un lato ci sono complessi di inferiorità verso una mitica Europa più moderna che dobbiamo sempre rincorrere (perché non adeguare subito in questa prospettiva gli stipendi degli insegnanti a quelli medi europei?), dall´altro una sorta di diffidenza diffusa per una cultura che non avend voluto fare i conti con la nostra stessa storia e tradizione, è sempre apparsa come per qualche verso imposta e non dialogante, se non superflua. Tragico errore questa impressione, ma per uscire dalla quale a parte le belle e virtuose parole sull´utilità dell´istruzione il ceto politico italiano storicamente ha fatto ben poco e poco continua a fare al di là del colore della coalizione di governo. Come anche oggi dimostra il fatto che non sappia rendere quello dell´istruzione un problema politico generale per il nostro futuro. Tanto è vero che nemmeno ha saputo, e non sà oggi, motivare e sostenere adeguatamente coloro che nell´impresa sono in prima linea, quegli insegnanti sulla cui condizione generali e stipendio si versano per ora soltanto lacrime di coccodrillo.


02/09/2000