Università Cattolica del Sacro Cuore

Poveri noi con i concorsi in codice

Era stata facile profezia il prevedere che lo scandalo dei concorsi truccati si sarebbe allargato, e che avrebbe messo in discussione il sistema del reclutamento attraverso megaconcorsi nazionali. E che tutto questo avrebbe scosso il pachidermico, ma fragile e purtroppo sempre più delegittimato, organismo della scuola. Si sprecano così commissioni d´inchiesta e dichiarazioni ministeriali in affanno a negare che ci si trovi di fronte a una Tangentopoli della scuola.

Dopo che per anni si sono lasciati senza riconoscimento, e riconoscenza, gli insegnanti, dopo che l´ultima riforma berlingueriana della scuola di base sta convincendo anche i più motivati a pensare alla pensione, dopo che nella chiacchiera pseudopedagogica sono annegati criteri di valutazione e certezze educative, non meraviglia che affiori del marcio e che in una categoria che nel principio del servizio pubblico, e nell´impegno morale al di là del mero espletamento dei doveri d´ufficio, ha riposto la propria fierezza e coscienza di sé, serpeggi un senso di impotenza e si possano far strada comportamenti certissimamente minoritari quanto riprovevoli.   

La scoperta che aspiranti avvocati  potessero cercare scorciatoie, non colpisce l´opinione pubblica in modo altrettanto forte. Era un segreto di Pulcinella la transumanza verso Catanzaro, anche se non si poteva sapere che là l´esame fosse agevolato al punto di tradursi da verifica delle conoscenze giuridiche in prova di dettato. Rispetto agli avvocati l´atteggiamento comune è comunque ambivalente, oscillando tra diffidenza per la categoria e rispetto per i singoli. Nei confronti degli insegnanti semmai accade il contrario, è la fiducia nella categoria a garantire che i singoli incapaci sono eccezioni. Ora che si scopre la realtà di molti volenterosi aspiranti corruttori, di gente che, per un motivo o per un altro, è disposta a passar sopra a ogni dignità personale per ottenere «il posto», di gente che vorrebbe entrare nella scuola convinta che il mondo sia dei furbi.  

Ma se vacilla la fiducia negli educatori, si indebolisce anche quella nei loro insegnamenti. La saggezza popolare ha sempre bollato con la formula «fate quello che dico e non fate quello che faccio» i moralisti ipocriti di ogni veste vestiti. La nostra società ha posto nell´istruzione uno dei suoi principî fondativi, premessa e promessa per la buona cittadinanza, l´eguaglianza delle opportunità e il riconoscimento dei «capaci e meritevoli», come dice la Costituzione, e se ora gli insegnanti apparissero corrotti o corruttibili, sarebbero le fondamenta dell´edificio sociale a venir colpite.   

Invece di belle parole è bene che il ministro e l´intera classe politica pongano il problema all´ordine del giorno progettando con coraggio nuovi sistemi di reclutamento, nuovi criteri di valutazione degli insegnanti e del loro lavoro, meno burocratici e più partecipati. Invece di imitare riforme dei cicli fatte altrove trent´anni fa e di cui ora là ci si pente - non per niente i figli del laburista Blair vanno a una rigorosa scuola privata e per di più cattolica - si pensi alla crisi delle regole che investe persino la scuola, alla insufficienza di una formazione civile che ha preteso di separare istruzione ed educazione - chi ricorda materia più cenerentola dell´educazione civica? -, ha pensato, soprattutto a sinistra e in quel mondo cattolico che verso la sinistra intesa come araldo del progresso ha nutrito robusti complessi di inferiorità, di affidare il discrimine fra buono e cattivo all´ideologia politica e che ora non sa più a che santo votarsi.

Non che lo spiccio individualismo esibito dall´altra parte ci possa aiutare, ma fa riflettere che ad esso e a un mitico liberalismo, per superare i cui limiti si è svolta tanta parte della riflessione del Novecento, si volgano le speranze dei più. L´onestà non può essere un atto eroico. Continuando così a questo arriveremo.


02/08/2000