- Milano
- Dipartimento di Storia moderna e contemporanea
- Carte Mozzarelli
- 2000
- Un museo che non si accontenta dell'estetica
Un museo che non si accontenta dell'estetica
Pensare un museo espressione di una diocesi oggi significa non potersi accontentare, salvo casi molto particolari, di una scelta di tipo estetico. Nè basta a caratterizzarlo e salvarne il senso un eventuale riferimento ad esso come «diocesano». La volontà di esporre degli oggetti di valore estetico vario ma unificati dal contenuto o finalità d´uso religiosa sotto l´usbergo dell´aggettivo «diocesano», in un contesto laicizzato finisce per essere una scelta autolimitante e quasi difensiva, in definitiva perdente.
Significa infatti accettare l´idea che sia esistita ed esista una cultura religiosa separata, altra rispetto a quella generale, e alla fin fine più o meno irrilevante per quest´ultima. Il rischio cioè è di riprodurre quella specie di «operazione nostalgia» che ha vivificato per un breve periodo, e mortificato poi durevolmente (anche qui salvo eccezioni) i musei delle tradizioni popolari. In essi la musealizzazione della vita quotidiana del passato, anche recente, ha significato sigillare in una consapevole, pacificata e irrimediabile lontananza e alterità quel passato rispetto al presente.
Un poco come si pretendeva già di fare con gli oggetti relativi alla religione nei paesi del Socialismo reale attraverso i cosiddetti «Musei dell´ateismo». Un riallestimento museale dei manufatti legati alla tradizione religiosa per essere significativo deve dunque parlare da un lato ai credenti di oggi, riallacciando la loro fede e speranza alla memoria dei modi di espressione delle stesse nel passato, così da mantenere vitale la tradizione (e la possibilità dell´innovazione); dall´altro favorire anche nei non credenti il rispetto della medesima tradizione attraverso l´acquisizione della consapevolezza dell´importanza di questa per la storia civile e l´identità culturale italiana ed europea; ancora, rendere leggibile al pubblico più largo possibile i valori estetici - tanto quelli originari, per così dire, d´un bello congiunto a un buono, quanto quelli «moderni» - e di cultura materiale dei manufatti esposti.
Non si tratta infatti di rifiutare l´esperienza dei musei diocesani d´arte sacra, ma di integrarla in un contesto differente e, in ipotesi, più ricco perchè più articolato.
A questo proposito va sottolineata la valenza educativa che un simile museo necessariamente deve sviluppare, sia riguardo alla catechesi dei giovani - per la quale dovrebbe costituire un importante momento e opportunità - sia in modo diverso per la didattica scolastica, sia più in generale per una sorta di «educazione permanente» degli adulti a comprendere e apprezzare in termini storici complessivi i segni del passato comune. Caratteristica infine di un simile progetto museale è di far riferimento a un territorio ben definito cui rinviano per l´origine o la loro storia precedente gli oggetti esposti.
Oggetti però che se pure hanno un riconoscibile «timbro» territoriale, elaborano localmente una cultura - teologica in primis - che si propone come «cattolica», cioè universale. In un simile museo fondamentale perciò è poter apprezzare il rimando continuo fra cultura particolare e generale, così come fra «alta» e «bassa», fra sollecitazioni per via gerarchica e rielaborazioni diffuse e contrassegnate dalle vicende locali.
14/06/2000