Università Cattolica del Sacro Cuore

Usa-Vietnam, oggi la guerra è davvero finita

Nei telegiornali della sera la notizia è passata inosservata, anzi non detta salvo errori: gli Stati Uniti hanno firmato un accordo commerciale con il Vietnam. Venticinque anni dopo la fuga da Saigon dell´ambasciatore americano con la bandiera sotto il braccio, i profughi aggrappati agli elicotteri, e poi i boat people che rischiavano la vita pur di uscire dal Paese, dopo tante immagini terribili di napalm, di morte, dopo tanta disperazione e lacerazione delle coscienze che segnarono una generazione, oggi arriva un accordo commerciale. Non importa quanto sia importante, è simbolicamente la chiusura di una ferita, è il cicatrizzarsi di una memoria. Il cui segno resterà però a lungo.  

Il Vietnam è stato il luogo in cui tutte le utopie si sono frantumate. Prima quella dell´innocenza americana nello sforzo senza limiti e pietà per non perdere la guerra, poi quello dei guerriglieri vietcong al servizio di uno Stato che ha subito mostrato nella pace tutte le caratteristiche  delle dittature comuniste, frantumando così altre coscienze e speranze in Occidente.   

A Washington il monumento ai morti del Vietnam è una delle opere più sconvolgenti, letteralmente sconvolgenti, che si possano vedere nella sua semplicità di grido muto e straziato. C´è nel prato una lastra nera di marmo con i nomi dei caduti in ordine temporale, per anno, che scende e s´allunga approfondendosi dall´uno all´altro, poi fa una svolta ad angolo retto e comincia a risalire dal momento in cui i caduti diminuiscono fino a ridursi a una piccola porzione con gli ultimi nomi e il visitatore che riemerge lentamente dalla terra, dalla morte sul prato verde e curatissimo.

Non so cosa ci sia ad Hanoi, forse monumenti trionfali in stile da realismo sovietico, ma sono certo che anche là la guerra ha tritato uomini e speranze. I vincitori si sono trovati vinti dalla storia quando nella lontana Europa un altro muro è caduto travolgendo le certezze ideologiche cui affidavano la propria immagine, i governanti almeno. E gli sconfitti possono rivendicare di aver combattuto per una causa migliore di quella dei loro avversari, ma non possono scuotersi di dosso quanto la loro arroganza li ha condotti a fare, e che tanti film, americani essi stessi, ci hanno per anni ricordato da «Il cacciatore» in poi.     Il Vietnam è stata una tragedia cupa, con poco onore, tanta impotenza e presunzione da ogni parte.

Oggi un accordo commerciale dice che ci può essere una speranza, nel parlarsi e accordarsi su questioni economiche non un dimenticare, ma un dare e ricevere reciprocamente perdono. Perdono per i morti e le sofferenze inflitte, per le menzogne e le false speranze, per tutto quello che si è fatto e che allora si credeva di non poter non fare. Oggi la guerra è davvero finita e si può cominciare a costruire la pace. Peccato che i Tg la notizia non l´abbiano data. È una notizia questa essa stessa. Forse i direttori hanno pensato che non interessava a nessuno, forse che non era il caso di dover fare i conti una volta ancora con la propria storia e coscienza. Hanno sbagliato. La cicatrice forse è poco visibile, ma solca i cuori ancor oggi io credo, e i suoi lembi tanto rossi di sangue e deturpanti non vanno nascosti.

Servono a ricordare che anche oggi si muore in tanti luoghi senza onore e senza dignità, e che alla fine di tutto ciò che non faremo per fermare le inutili stragi, al di là da ogni logica di potenza, alla fine ci verrà richiesto conto, e ne dovremo portare il segno e il peso.


14/07/2000