- Milano
- Dipartimento di Storia moderna e contemporanea
- Carte Mozzarelli
- 2001
- D´Alema e Ulivo: Fassino studia le prime mosse
D´Alema e Ulivo: Fassino studia le prime mosse
Forse la verità più vera l´han detta quei commentatori che, come Scalfari su “La Repubblica”, hanno insistito sul fatto che i Ds la scelta socialdemocratica l´avevano già fatta dieci anni fa e non c´era bisogno di insistervi sopra tanto al congresso di Pesaro. In effetti è dall´abbandono del nome “comunista” in ditta proposto da Occhetto alla Bolognina che si era consumato lo strappo simbolico con il passato. Il fatto che ancora oggi, come un po´ in tutti congressi degli Anni Novanta, si debba reiterare formalmente quel passaggio dimostra o che in realtà il passato non vuol davvero passare, o che al nuovo socialdemocratico non si è saputo finora dare un reale contenuto.
La prima ipotesi è quella preferita, perché alla fin fine meno drammatica: si appiglia alla sociologica constatazione che la classe dirigente del partito è ancora quella formatasi nel Pci e che di quel partito, e in particolare del suo storico riflesso condizionato - “niente nemici a sinistra” - porta i segni. La soluzione sarebbe perciò a portata di mano. Starebbe nella confluenza di storie diverse nel partito, e meglio se svoltesi a destra di quello.
I Ds ne sarebbero finalmente rigenerati. Il successo a Pesaro del già odiato Amato, la disponibilità ad accettare in futuro persino un Craxi figlio non pentito dell´esecrato suo padre, sono la prova di questa speranza. Peccato che di sangue nuovo i superstiti socialisti ne possano ormai portare ben poco. E davvero il matrimonio fra gli stremati eredi di due casate “fin de race”, almeno secondo i reiterati risultati degli esami elettorali, basterà a far nascere un bambino robusto e malizioso come quello cui Togliatti paragonava il Pci d´un tempo? Difficile, si dirà, ma non impossibile. Sono talmente tante le possibili combinazioni genetiche che il miracolo potrebbe persino accadere.
Il guaio grosso però sarebbe se fosse più vera la seconda ipotesi. Che si reiteri come un mantra tibetano il compiuto approdo socialdemocratico per esorcizzare il fatto che non si sa più di quali contenuti riempire la sospirata socialdemocrazia e il riformismo di cui essa sarebbe portatrice. In effetti dove è finito il modello di Blair? Dove la “terza via” dei suoi teorici? Dove il kennedismo veltroniano? Ma soprattutto, dove sono i progetti alternativi a quelli del governo? Non può sfuggire che la polemica, per quanto facilitata dalla rozzezza di taluni interventi di cosiddetti politici della maggioranza, non riesce a prender quota. Senza etica, io credo, non si può far davvero politica, ma l´etica non può sostituirsi alla politica. E così additare al pubblico ludibrio i Pecorella o gli Sgarbi, dubitare delle ragioni delle leggi sulle rogatorie o sul falso in bilancio, magari salva l´anima ma non convince gli elettori. Blair ha vinto perché è arrivato per primo a presidiare le soluzioni che l´attuale pensiero unico - questo è il punto - propone con modeste varianti in tutto il mondo occidentale. Questo invece l´ha fatto in Italia il centrodestra, e gli elettori gliel´hanno riconosciuto.
E ci si sono riconosciuti. E questo è di nuovo il punto. E attenzione, dire pensiero unico non significa evocare un qualche orwelliano grande fratello, bensì un senso comune pragmatico che si cementa su sentimenti di base nobili ma volutamente indifferenziati, prepolitici vorremmo dire, - quanto tricolore, quanti Inni di Mameli dappertutto - e si svolge nell´accompagnare con qualche colpo di timone ogni tanto l´evoluzione “naturale” della società verso una libertà post-politica, intesa come sempre maggiore indipendenza privata dell´individuo. Con le conseguenze che ne derivano. Una per tutte: lo spazio che le lobbies hanno oggi nel rivendicare interessi collettivi non più frenati da uno generale. Altro che socialdemocrazia, altro che Amato. La partita vera si gioca, e alla lunga si vince, io credo, sulla capacità di pensare una politica oltre la fine della politica. Anche della destra e della sinistra dunque. Ma chi avrà il coraggio di mettersi su questa strada?
20/11/2001