Università Cattolica del Sacro Cuore

Il coraggio del dialogo per fermare la deriva

Nelle passate settimane da ogni parte, e sia pur con accenti diversi, si è insistito sulla opportunità, politica ma prima ancora etica, di dar voce e ascolto alle ragioni di chi esprimeva allarme per le condizioni del mondo e paventava che la riunione del G8 a Genova fosse solo l´incontro dei Paesi più ricchi per discutere dei propri problemi nel nuovo contesto della globalizzazione economica avanzata, senza curarsi di quanto questo potesse costare o rilevare per tutti gli altri.

La pressione dell´opinione pubblica ha avuto il risultato di obbligare i Paesi del G8 a inserire nell´agenda dell´incontro temi da principio assenti. Si discuterà della povertà della maggioranza del genere umano, mentre la minoranza dispone di sempre maggiori risorse, e del peso del debito contratto coi Paesi ricchi da quelli del Terzo mondo.

Le iniziative annunciate negli ultimi giorni a proposito di sanità e lotta all´Aids, gestione dell´ambiente, remissione del debito, allargamento dello stesso G8 per renderlo più rappresentativo delle esigenze delle diverse parti dell´intero pianeta, sembrano ora segnare un punto di svolta. Tanto più importante perché obbligano il dibattito a uscire dalle genericità delle proposizioni di principio di confrontarsi su soluzioni concrete, su scelte effettive. Fino a quando non vi era dialogo tra governi e “popolo di Seattle” evocare la Tobin taxe sulle transazioni finanziarie internazionali, come strumento per trovare risorse a favore di più poveri, poteva bastare. Era una bella idea che salvava l´anima a tutti i contestatori.

Nel momento in cui si è cominciato a riflettere sugli strumenti pratici per procedere verso un possibile riequilibrio globale, anche sulla Tobin taxe si è iniziato il confronto dei pareri, e nell´elaborazione di prospettive e valutazioni di fattibilità ci si è resi conto che forse quella soluzione potrebbe non essere, tanto facile.

Allo stesso modo la questione della remissione del debito quando messa davvero all´ordine del giorno impone riflessioni che vanno oltre i sentimenti generosi o i sensi di colpa da espiare, obbliga a riflettere sulle buone intenzioni in rapporto a conseguenze che potrebbero non essere loro pari. Secondo quali regole si apriranno nuove linee di credito ai Paesi condonati, ad esempio, per evitare che nessuno presti più per il rischio di non rientrare nei crediti? E quali conti fare con l´uso delle risorse liberate?

Il mercato delle armi nel Terzo mondo è fiorente, lo sappiamo, e fino a che punto si potranno controllare le scelte in proposito dei Paesi cui il debito sarà stato rimesso? Tutti problemi che assumono, nella nuova prospettiva promossa dall´Italia al G8, una pregnanza inusitata. E che obbligano anche il movimento antiglobalizzazione a fare un salto di qualità.

Non perché si debba chiedere di dare da un giorno all´altro le soluzioni, quelle che nessuno ancora conosce in effetti, ma perché la sua funzione di stimolo e di testimonianza non può che accompagnarsi, a questo punto a una volontà di dialogo e confronto, a una apertura di creditto, non foss´altro che per andare a vedere il bluff, se questo soltanto fosse l´esito del G8, e rilanciare di conseguenza la propria lotta con rinnovata legittimazione e più ampio sostegno dell´opinione pubblica dopo tale fallimento.

Ma sostenere fin d´ora che sia il ministro Ruggiero l´antagonista principale, come pare abbia dichiarato ieri il portavoce Agnoletto, significherebbe che il bluff sono stati gli altri a scoprirlo, rivelando una condizione meramente contestativa cui si sarebbe ridotto il movimento. E ciò significherebbe pure delegittimarlo tragicamente, lasciandolo in balìa di chi pensa di poterlo usare per una qualche illusoria lotta rivoluzionaria a un mitico “sistema” e ridurne la presenza a Genova a fatto rituale, con la violenza stessa ritualmente compresa. Il tempo per fermare tale deriva ancora c´è. Speriamo sia usato al meglio da entrambe le parti.

15/07/2001