Università Cattolica del Sacro Cuore

L´orgoglio di essere alla Cattolica

Era novembre 35 anni fa, quando entravo al collegio Augustinianum dell´Università Cattolica, matricola un po´ sperduta e angosciata nell´incontro con una Milano che sembrava enorme, e lontanissima dalla mia piccola città, la quale pure stava ad appena due ore di treno. Così come tutto nuovo mi appariva degli studi e dei ritmi dell´università.

S´era appena prima del ´68 ma le ragazze indossavano ancora il grembiule nero in quella Cattolica, e uno dei nostri professori cacciava dall´aula chi non si presentava alle lezioni in giacca e cravatta. Quelle di diritto canonico, sul tema delle cause di nullità del matrimonio, ci apparivano poi quasi audaci. Sarà stato anche per questo, oltre che per l´abilità del docente, che erano tra le più frequentate.

Ai nostri professori, o ai loro immediati predecessori, si dovevano d´altro canto alcuni dei manuali più in uso, ed era un segno certo di eccellenza. E va pure detto che sul più longevo di quelli studiano ancora oggi gli studenti. Eravamo complessivamente fieri di essere alla Cattolica, e sopratutto per noi del Collegio l´Università era il cuore stesso di Milano, essa ci appariva tanto ricca di stimoli ed esigente nella preparazione richiesta da assorbirci completamente.

Ben poco potevamo cogliere dei problemi che la travagliavano sotto il suo aspetto ordinato: il Concilio e la trasformazione della Chiesa da un lato, l´esaurirsi storico del grande progetto di Gemelli dall´altro, per non parlare della mutazione antropologica dell´Italia di quegli anni da Paese povero e contadino a Paese industrializzato e “moderno”, stavano in effetti rendendo incerta l´identità della Cattolica.

Lo si sarebbe visto nelle lacerazioni del ´68, con i bruschi mutamenti dei percorsi di vita di molti, così come nella difficoltà con cui il corpo docente seppe da principio far fronte a una contestazione che l´aveva sorpreso. Emblematicamente un uomo buono e generoso come il rettore Franceschini ci rimise la salute, e forse la vita. Furono anni senza carità quelli che seguirono.

Soprattutto nell´ansia di rinnovare, ma anche nel timore di naufragare, si esacerbarono i contrasti entro l´Università, la fede stessa divenne per alcuni un´arma di offesa e uno strumento di esclusione. Ci sarebbe voluto il lungo, prudente e conciliante rettorato di un uomo intelligente, illuminato, e non fazioso come il professor Bausola per stemperare le animosità e consentire la convivenza di sensibilità ormai tanto diverse e, possiamo aggiungere, ristabilire anche un equilibrio economico a una istituzione che nel frattempo, non dimentichiamolo, continuava a crescere, nel numero degli studenti, degli istituti e delle facoltà, in quello del corpo docente.

Era il segno che la Cattolica malgrado tutto era, ed é, viva e vitale, che la stima conquistata dal duro lavoro dei fondatori e dei loro immediati discepoli non s´era dispersa.

 Che ai vecchi maestri nuovi se n´erano affiancati, che le scuole non si erano inaridite, e sapevano ancora essere in diversi ambiti scuole per maestri piuttosto che per allievi e ripetitori. Un nome come quello di Billanovich, vale esemplarmente per tutti. Ma ciascuno di noi che alla Cattolica si è formato può ricordare - io credo - non solo con affetto ma con grande rispetto i propri maestri. Penso ai miei, a Ugo Nicolini storico del diritto fra i migliori della sua generazione, e uomo di fede e generosità esemplari, a Roberto Ruffilli la cui passione di ricerca, disponibilità all´impegno, intelligenza ed entusiasmo fino alla dissipazione di sé, troppo presto ci sono state tolte dalla follia omicida delle Brigate Rosse.

Ora gli allievi sono a loro volta saliti in cattedra, magari dopo anni trascorsi altrove ma con nel cuore quel primo amore per quella che sentivano come la loro università, e che mai avevano saputo dimenticare. Perché in effetti, e malgardo tutto, la Cattolica rimane ancora oggi una università speciale.

Non solo per la sua apparenza esteriore, un decoro e un ordine che altrove non si trovano e i quali pure facilitano lo studio, non solo per un suo stile evidente soprattutto per coloro che vi giungono dall´esterno, ma per quel suo volersi, comunque e sempre, Cattolica.

Il che significa essere consapevoli di una responsabilità in più rispetto a quella cui dovrebbero sentirsi tenuti tutti i professori universitari, una delle tre categorie, coi preti e i magistrati, che indossa la toga come segno della sua speciale vocazione alla Verità. Intendo la responsabilità di coniugare fede e probità scientifica, dimostrare come davvero il timor di Dio possa essere l´inizio della sapienza, non un ostacolo ma un vantaggio, di libertà e di vera laicità, di apertura intellettuale e di stimolo a osare di sapere.

Era il senso ultimo del disegno di Gemelli questa umilmente orgogliosa rivendicazione di una possibile eccellenza cristiana entro la modernità. E oggi vale ancora, oltre la modernità, nella partecipazione - pellegrini tra i pellegrini, uomini di buona volontà accanto a tutti gli uomini di buona volontà - alla ricerca di una rinnovata forma del vivere dopo che gli idoli delle ideologie e di uno scientismo presuntuoso di sapere esso solo che cosa sia progresso e senso della vita, sono crollati. Certo, sarebbe troppo bello immaginare che tutti entro la Cattolica sentano con eguale sensibilità questo impegno.

Come in ogni realtà umana anche in quella si possono ritrovare miserie tipiche della comune condizione dell´uomo, ma se le difficoltà e i limiti sono scontati, se nessun risultato è raggiunto una volta per tutte, non vi è dubbio che quell´essere speciale della Cattolica può durare, e rinnovarsi nel tempo di generazione in generazione di studenti e professori, solo se l´Università non sarà lasciata sola, se la Chiesa italiana e i cattolici tutti non si accontenteranno che sia una “buona” università fra tante, ma ne accompagneranno gli sforzi e la solleciteranno e aiuteranno in ogni modo a rispettare la sua non facile, ma particolarissima ed appassionante, vocazione.

28/04/2001