Università Cattolica del Sacro Cuore

L'uso della prudenza e non solo della forza

Portaerei, bombardieri, decine di migliaia di soldati, addirittura l´evocazione del possibile uso della bomba atomica. L´America mostra i muscoli, ma spaventa più i suoi alleati, e coloro i quali nell´occasione non hanno potuto non schierarsi al suo fianco, che non i Talebani o Bin Laden.

L´esempio dell´Armata Rossa sconfitta sul terreno dalla guerriglia afghana pare non abbia insegnato niente agli strateghi e politici americani. Dopo aver detto che questo è un conflitto inedito sembra lo stiano affrontando come se fosse un tradizionale scontro fra Stati, come se fosse la riedizione della guerra del Golfo. Si può sperare che tanta esibizione di forze serva soprattutto ad uso interno, intenda dimostrare al paese che il presidente è deciso e che, malgrado il colpo subito, gli Usa non hanno né paure né incertezze.

Ma è un gioco pericoloso e altamente diseducativo. Pericoloso perché una volta messa in campo tanta potenza diventa difficile poi non usarla senza perder la faccia, diseducativo perché non aiuta gli americani a far i conti con la novità dello scontro in cui sono impegnati e per il quale chiedono solidarietà. E infine controproducente perché rende più debole la capacità di leadership degli Stati Uniti.

Quella capacità che invece è fondamentale per vincere la guerra contro il terrorismo. Infatti mettere gli alleati e i compagni di strada di fronte a scelte così poco articolate e tutte e solo militari significa inevitabilmente spingerli a prese di distanza, a distinguo, e l´opinione pubblica mondiale a riconfermarsi nell´idea di una arroganza del potere della superpotenza incapace di ascoltare, riflettere, chiedere collaborazione e interessata più ad avere vassalli obbedienti che partner pensanti. Interessata più a lenire le ferite al proprio orgoglio che a ricercare le vie per la costituzione di un nuovo ordine internazionale grazie al quale si prosciughi l´acqua nella quale i terroristi attualmente nuotano. Gli americani per essere rassicurati sul fatto che il mondo li ama lo provocano con un comportamento difficile da accettare, e corrono così il rischio di rinfocolare antipatie e irritazioni.

E trovarsi alla fine con in mano un pugno di mosche e, Dio ce ne scampi, altri e tanti morti innocenti, vuoi i poveracci colpiti dalle bombe americane, vuoi le vittime di nuovi atti di guerra terroristica. Il mondo nel quale la politica era competenza esclusiva degli Stati e che si fa risalire, almeno nella sua dimensione teorica, alla pace di Vestfalia del 1648 non c´è più. Ma non c´è nemmeno ancora una situazione “imperiale” nella quale il centro sia semplicemente il riferimento comune che rende compatibili le differenze locali, prive ormai di valenze ideologiche troppo forti ed esclusive, secondo quel che preconizza la politologia più avvertita, qualcosa che assomigli, per intenderci, al ruolo svolto per secoli in tanta parte d´Europa dal Sacro Romano Impero, non a caso un “monstrum” per i teorici dello Stato moderno.

E però se gli Usa non vogliono ripercorrere i passi degli imperi moderni - tutti crollati sotto il peso della loro rigidità istituzionale - della loro coazione a rappresentarsi come forza e potere indiscutibile, è verso assetti istituzionali del genere che devono muoversi. Sono quelli cui conduce la stessa globalizzazione e che però per reggersi hanno bisogno di un rinnovato fondamento etico, che si traduce in una assunzione umile di responsabilità da parte di chi sa o pretende di avere maggiori risorse e maggiore autorità. In qualche modo a questo forse alludeva il nome dato all´operazione in corso, quello di giustizia infinita, se non fosse che l´aggettivo, tradendo una presunzione di autorevolezza incontestabile, finiva per negare il sostantivo.

È nell´approfondimento di questa dimensione culturale che gli europei, più di tutti gli altri per la loro storia, possono dare un contributo alla lotta in corso. Speriamo lo vogliano dare, e speriamo che gli Usa si rendano conto che per vincere la guerra terroristica serve più virtù etica, più prudenza e sapienza, al limite più fantasia, che abilità e strapotenza militare.

25/09/2001