Università Cattolica del Sacro Cuore

Lo sforzo di capire civiltà differenti

Sarà, come ha scritto qualcuno, che per la prima volta Berlusconi all´estero si muoveva senza il ministro Ruggiero, sarà che voleva dimostrarsi statista e zelante verso gli Usa, sarà che pensava di interpretare un pensiero condiviso, ma le dichiarazioni rese in Germania a proposito della superiorità della civiltà occidentale su quella ispirata dall´Islam hanno suscitato un autentico vespaio. Nel quale come al solito si mescolano opportunismi politici d´opposizione e preoccupazioni autentiche, dissensi culturali e valutazioni di mera convenienza.

Resta il fatto che si tratta di giudizi molto netti, i quali sollecitano comunque una riflessione perché, in forma troppo sbrigativa e semplificata, toccano una questione alla quale non possiamo più sottrarci e su cui dobbiamo anzi avviare una ampia riflessione. Una che, prima dell´Islam, attraversa in realtà la nostra stessa storia fin da quando all´opinione di Platone che esistesse un vero assoluto il quale non potesse per ciò stesso non essere anche buono e giusto, e si potesse dunque immaginare uno Stato ideale parametro di ogni assetto concreto, si contrappose la riflessione aristotelica sulla necessità di pensare lo Stato migliore non in astratto ma in relazione alle circostanze proprie di ciascuna comunità umana, dunque come Stato conveniente piuttosto che assolutamente giusto.

Toccherà poi ad Agostino combinare tale alternativa con la prospettiva cristiana immaginando una distinzione fra la Città di Dio e la città dell´uomo, la quale persegue un bene sempre limitato e dunque è sempre imperfetta ma, al tempo stesso, è anche quella nella quale su questa terra, aspirando all´altra, non possiamo non vivere, riservandoci di contestarne gli ordinamenti solo quando si pongano in contrasto insanabile con i precetti divini. Se poi è vero che alla fin fine tutta la storia della filosofia, anche politica, dell´Occidente, non è che una serie di glosse a Platone - come è stato detto - possiamo giustificare un salto vertiginoso e, venendo a noi, dire che dopo la fine delle presunzioni assolute delle ideologie totalitarie, non abbia molto senso la prospettiva platonica che le ideologie totalitarie, ancora una volta, ripetevano.

È vero che la laicizzazione moderna delle riflessioni agostiniane ha fatto sì che intollerabili per noi non siano più solo i comportamenti e prescrizioni in contrasto con i principî ultimi della fede ma anche quelli che toccano la libertà terrena dell´individuo, e l´eguaglianza civile tra gli uomini e non solo la cristiana nei confronti di Dio, ma tale avvertenza non inficia il fondamentale orientamento aristotelico cui sopra ci riferivamo. E in relazione al quale si può cercare di avviare una proposta di confronto con altre civiltà senza cadere, al tempo stesso, in un relativismo pregiudiziale per cui non sarebbe possibile dare alcun giudizio di valore su ciascuna di esse. E dunque nemmeno giustificare quelli propri della nostra. Se infatti è impensabile l´assumere presso di noi taluni principî di quella islamica, come la indistinzione fra legge civile e religiosa, o la disuguaglianza fra uomo e donna, o la debolezza di ogni concetto di individuo rispetto a quello di società, possiamo vedere tutto ciò come frutto di una nostra storia ed elaborazione, anche contrastata, che si confronta con le diverse soluzioni di altre civiltà altrove sviluppatesi.

E che, come la nostra stessa, sono inevitabilmente in evoluzione dentro la storia. Mettersi a sproloquiare su una superiorità teorica dell´una o dell´altra ha dunque poco senso, sia perché non serve sia perché diversi e letteralmente incomparabili sono i principi su cui le stesse si fondano nel loro proporsi come soluzioni ritenute nel tempo convenienti per la vita associata. Sarà la storia a dettare in un sistema globalizzato i passi successivi di svolgimento conveniente, lo ripeto, per ciascuna. E noi possiamo legittimamente ritenere, osservando la realtà, che le nostre soluzioni siano più flessibili, articolate e compatibili, rispetto al mondo che si sta configurando, di quelle di altri. Non per vantarcene, quanto per valutarlo come potenzialmente drammatico problema loro, e nostro nel rapporto con loro.

Tanto a casa loro quanto presso di noi.

28/09/2001