- Milano
- Dipartimento di Storia moderna e contemporanea
- Carte Mozzarelli
- 2001
- Ma i candidati non tengono una famiglia?
Ma i candidati non tengono una famiglia?
L´altro giorno l´Istat ha pubblicato i dati relativi alla situazione della società italiana. Nella quinta o sesta potenza industriale al mondo, una famiglia su dieci è povera, addirittura 500.000 famiglie faticano a trovare i soldi per mangiare tutti i giorni. Altrettante per pagare l´affitto. Ieri il Forum delle Associazioni familiari ha presentato un documento ben articolato per iniziative di sostegno alla famiglia stessa: dagli asili nido a un fisco più equo.
Come tutti hanno potuto constatare, questi temi sono stati ripresi subito da Rutelli e Berlusconi, Fassino ha promesso interventi, Amato ha sottolineato quanto il suo governo ha saputo fare, Buttiglione ha pianto in diretta accarezzando un bambino povero, e Fini ha ricordato che già prima della svolta di Fiuggi la famiglia era, con Dio e Patria, al centro delle sue attenzioni.
Persino Formigoni e Bianco hanno sospeso il duello sulla data dei referendum per interrogarsi sulle politiche sociali, statali e regionali. Bossi, infine, ha garantito che con la devolution i poveri al Nord spariranno, e comunque già ora sono prevalentemente meridionali. Voi dite che non è andata così, che nessuno ha commentato i dati Istat, che al Forum sono andati personaggi degnissimi ma non i protagonisti principali? Ma che strano. E sì che siamo in campagna elettorale, e perbacco, tutti teniamo famiglia.
Anche qualcuno tra i big; e malgrado questo niente, silenzio. Evidentemente reputano che l´argomento non interessa. Oppure che non si presti a sottolineare differenze di progetto e di prospettiva rispetto alla concorrenza. Viene il dubbio che, come per la scuola, un altro tema che pure coinvolge tutti, anche per le povertà e la famiglia nessuno abbia niente da dire.
O che tutti la pensino allo stesso modo. Il che sarebbe ancora più grave visti i limiti delle politiche finora compiute in proposito. E per favore non ci replichino citando un qualche documento semiclandestino prodotto dagli apparati o singoli provvedimenti particolari. La verità vera sembra stare nel fatto che, sia per gli uni quanto per gli altri, al centro della campagna elettorale ci sta ancora, o di nuovo, il maschio adulto e proprietario dell´antico immaginario liberale, individuo solitario che con gli altri ha essenzialmente legami economici. E allora avanti a parlare di fisco, di riduzione delle tasse, al più di aumento dei posti di lavoro, snellimento delle pratiche burocratiche o di sicurezza, come se solo questi fossero i temi davvero significativi.
La stessa sanità, quando evocata, è intesa come faccenda meramente contabile e arma polemica. Non si è mai vista, io credo, una campagna elettorale così povera e superficiale, disinteressata alla vita quotidiana di tutti e senza respiro. Meschina e pettegola nel concentrarsi sulle difficoltà di candidati esclusi o ripescati, di margherite senza petali e campanili senza collegio. Schiacciata sull´economia come se la crescita della ricchezza collettiva fosse un fine e non un mezzo per fini su cui interrogarsi e rispetto ai quali cercare un accordo sociale, un consenso di cittadinanza. In Francia o in Germania quando si interviene a favore della famiglia, è la famiglia il soggetto di riferimento, una piccola comunità presa nel suo insieme.
Da noi sono piuttosto gli individui che la compongono a essere considerati, come se fosse possibile una politica per le madri, una per i figli minori, una per gli anziani, e così via, senza una considerazione del come tutti questi stiano in relazione con gli altri entro la famiglia stessa, quella povera e quella che non lo è ma non per questo va dimenticata. Mentre esaltiamo il mercato e sollecitiamo più concorrenza, non ci accorgiamo che proprio per il fatto di non considerare la famiglia come un soggetto sociale primario, siamo costretti ad attribuire sempre più compiti a quello Stato sociale che vorremmo riformare e alleggerire.
Quanta parte delle spese e delle strutture per la sanità o per i servizi di assistenza, potrebbe essere eliminata se invece di intervenire alla fine del processo, quando il povero, l´anziano, il malato cronico sono ormai soli e dipendenti integralmente dal pubblico, li si fosse aiutati prima nella loro famiglia, sostenendo questa e valorizzandone prima di tutto le capacità di cura e reciprocità, curando, per così dire, la manutenzione del tessuto sociale per prevenire il male “innanzi che segua”, come scriveva un illuminato riformatore settecentesco.
Già, ma per far questo bisogna avere una idea alta di uomo e un disegno di cittadinanza che non si limiti a garantire i diritti di ciascuno, ma li proponga in relazione a un bene comune, che non riesca a vantare libertà ed eguaglianza senza fraternità. Caro Rutelli, hai fatto campagna per le famiglie di fatto, impegnati pure per le altre che sono la maggioranza. E lei, illustre Cavaliere, a quando un decisorio “ghe pensi mì” non solo per i commercianti, ma per i poveri e per le famiglie? E, sia chiaro, con progetto annesso.
11/04/2001