Università Cattolica del Sacro Cuore

Torna in forze la pedagogia di Garrone e Pinocchio

“Cuore” ritorna in televisione, come presto Pinocchio al cinema con Benigni. Non può essere un caso questa coincidenza. Torna in forze la pedagogia dell´Italietta liberale, tornano Collodi e De Amicis. Storie diverse, morali simili. Quelle che una generazione fa erano irrise esaltando Lucignolo e tifando per Franti sembrano di nuovo sulla cresta dell´onda.

E il ministro della Pubblica istruzione suggerisce pure che l´insegnamento di Cuore e immagino di Pinocchio, è ancora valido. Sarà interessante osservare come i più giovani si confronteranno con gli esempi di Cuore, quanto sapranno capire storie tanto lontane dalla loro esperienza. Così come sarà interessante per noi antichi lettori raffrontare quelle situazioni che ci siamo immaginate da piccoli con il modo con cui le avrà rese il regista. Ma soprattutto sarà interessante capire in che senso quelle storie, riviste per il 2001, possano ancora costituire modello.

Sicuramente ci sono elementi che non possiamo più né accettare né proporre. Il socialismo patriottico e umanitario di De Amicis era generoso ma paternalistico. Si riferiva a una società in cui valevano la deferenza e le differenze, in cui i cittadini erano soprattutto sudditi. Ecco allora che nessun calore di mano di re o presidente appena stretta può essere trasmessa oggi come re Enrico di allora. Non la deferenza e l´ossequio ma il rispetto reciproco e a tutti dovuto dobbiamo oggi sottolineare e insegnare. Nemmeno possiamo proporre l´infanzia come tempo di eroici sacrifici.

Né per la patria, come la piccola vedetta lombarda, né per la famiglia, come il piccolo scrivano fiorentino. Non è il lavoro minorile e notturno quello da esaltare, o il coinvolgimento dei bambini nella guerra. Lasciamo a Bin Laden l´esposizione mediatica dei figli come piccoli guerrieri. Insegnamo però ai nostri che, come i bambini di De Amicis, nemmeno loro possono pensare solo a sé. Che devono imparare ad aver consapevolezza della fatica dei genitori, come i genitori dei sentimenti e delle preoccupazioni che riversano inevitabilmente sui figli, nel bene come nel male, e che loro, i figli, devono saper dire grazie come i genitori imparare a saper dare. E ancora, non vogliamo che i nostri figli siano sin da piccoli dei veri ometti, come il troppo buono Enrico. Non ci sono solo i doveri, diciamocelo.

Ma lasciamo che da De Amicis imparino come l´arroganza e la violenza non paghino e per ciascun Franti ci sia un Garrone. E lasciamo che accolgano con curiosità e senza pregiudizi non il calabrese, come allora insegnava De Amicis, ma il figlio di immigrati. E dalle peripezie del piccolo emigrante che va dagli Appennini alle Ande la fatica di vivere di chi è costretto a cercare lontano da casa un suo destino. Come gli italiani di allora pure facevano. Quando l´America non era il viaggio premio per le vacanze ma l´umiliazione di essere gli ultimi, la sfida della sopravvivenza. In Cuore la scuola aveva una grandissima importanza, fiumi d´inchiostro si sono versati sulla maestrina dalla penna rossa. Troppo facile spararle addosso. L´hanno già fatto sociologi e pedagogisti. Ma di nuovo, non nascondiamoci che il lavoro è il luogo nel quale passiamo gran parte della nostra vita.

Se ci garantisce un´entrata è anche direttamente o indirettamente un servizio che rendiamo agli altri e una responsabilità che ci assumiamo. Ci fa sorridere l´ingenuo entusiasmo della maestrina. E sorridiamo pure, ma chiediamoci come mai dopo tanto sorridere oggi si parli sempre più di etica e deontologia delle professioni. E la si dibatta fra economisti non fra anime belle. E sommessamente domandiamoci pure se davvero quella maestrina ci dispiacerrebbe per i nostri figli. Insomma, di De Amicis sono insopportabili paternalismo e condiscendenza.

L´idea che il popolo sia fanciullo e gli illuminati lo debbano educare. Siamo diventati tutti grandi nel frattempo. E però quei valori di serietà, impegno, rapporto tra individuo e società sotto il segno d´un bene che non può non essere comune, la compartecipazione a un destino collettivo, certo non già prescritto dall´alto come quello di De Amicis ma da costruire assieme; ecco tutto ciò che rimane e se serve che ce lo dicano Cuore o Pinocchio, ben vengano anche loro.
Non da soli, non per tutto, per qualcosa però indubitabilmente sì.

11/11/2001