Università Cattolica del Sacro Cuore

Cantando e ballando ora facciamo pace con noi stessi

E così adesso abbiamo anche la versione dance di Fratelli d´Italia, destinata a radio e discoteche. E come sempre in questi casi si può prender il fatto da due versanti. E dire, si tratta di una banalizzazione commerciale destinata a durare il tempo dell´estate, oppure è un modo per avvicinare i mitici “giovani” al nostro inno nazionale. Tutte e due le tesi possono avere grani di verità, ma al fondo quel che davvero va detto è che non è il caso di prender la cosa troppo sul serio. Non c´è da scandalizzarsi - ci son state parodie e stravolgimenti molto più pesanti del nostro inno -, né da immaginarsi chissà che effetti taumaturgici sull´amor di patria per aver provato l´effetto che fa ballare su parole e note di Mameli e Novaro. È probabile che i due autori, giovani come i frequentatori della notte anche se impegnati in più serie sfide - tanto che Mameli morirà alla difesa della Repubblica romana appena ventiduenne - sarebbero stati ben lieti di proporre a un pubblico di coetanei il loro messaggio, anche se forse alquanto stupiti di come nel passar di centocinquant´anni gli stessi siano mutati e l´ebbrezza del provare se stessi la cerchino gettandosi con una corda elastica dai ponti o correndo nella notte, magari guidando a fari spenti per veder se è poi così difficile morire, come cantava un altro autore autenticamente nazional popolare trent´anni fa. Ma non è colpa nostra se, ringraziando Dio, l´Italia è in pace e se a cimenti più drammatici da molto tempo noi e nostri figli non siamo chiamati. Resta il fatto che si può manipolare solo ciò che è ben noto, ciò che ha un significato forte sul quale giocare per rovesciarne il senso o comunque stravolgerne le caratteristiche. L´iniziativa della versione dance ci dice dunque che Fratelli d´Italia continua a durare nell´immaginario degli italiani, che suscita emozioni e senso di riconoscimento, identità al fondo. Mi diceva un collega francese che per comprendere gli italiani d´oggi, la loro cultura e caratteristiche, non aveva potuto prescindere da Dante (e io aggiungerei Petrarca), il quale stava al fondo di molti riferimenti, di tanto senso comune, così come per gli inglesi Shakespeare. Fratelli d´Italia non è la Divina Commedia evidentemente, purtuttavia un suo spazio nel nostro sentire, e sentirci italiani, se l´è guadagnato. Tant´è vero che domenica alla messa per la santificazione di Padre Pio a San Giovanni Rotondo l´inno si è infilato persino nella celebrazione liturgica accanto ai cori sacri e popolari, addirittura cantato con la mano sul cuore dal frate che guidava la partecipazione dei fedeli. Così come talvolta dato fondo a tutto il repertorio durante una serata in allegra compagnia si può intonare l´Adeste fideles o qualche canzone mariana per il piacere di cantare tutti assieme, poco curandosi del contesto ma dimostrando così quanto siano ancora note e amate tali musiche, altrettanto può avvenire per Fratelli d´Italia, laico inno capace di far sentire solidali persino i pellegrini in festa per un eccezionale evento religioso. E non meno significativo è il fatto che dopo anni nei quali il nostro inno nazionale suscitava fra gli “intelligenti” e “progressivi” soprattutto sdegnoso sussiego e ripulse - prova essi pure della sua perdurante forza identitaria purtuttavia - oggi lo si canti senza imbarazzi. Non è diventato più bello nel frattempo, né le parole appaiono meno segnate dal tempo, e però questa nuova serenità testimonia che gli italiani stanno facendo pace con se stessi, senza più tanto preoccuparsi di diventare come gli inglesi, o i francesi o i tedeschi o un ideale sintesi di tutti questi, come insomma li avrebbe voluti una elitaria pedagogia che dall´Ottocento ad oggi ci ha creato più problemi che soluzioni, fatto sentire in colpa per esser ciò che siamo, cioè così italiani da divertirci persino cantando e ballando Fratelli d´Italia.

18/06/2002