Università Cattolica del Sacro Cuore

Sorisole «abolisce» la Liberazione. Un revisionismo dalla memoria corta

Si sa, a primavera la testa facilmente se ne va. Tutti si sentono più arditi e leggeri. C´è chi, malgrado l´età, guarda di nuovo le ragazze, chi, malgrado l´impreparazione, ripensa alla storia patria. E il 25 aprile si presta benissimo a queste esercitazioni. Adesso che Santoro ha riproposto “Bella ciao” mugolandola alla televisione, poi, sembra che il tema della Resistenza, e della festa che celebra la memoria di tutti quegli italiani che in un modo o nell´altro non si schierarono “con l´oppressor”, come dice la canzone stessa, ecciti alzate d´ingegno e solleciti revisionismi che vogliono apparire pensosi e sono invece piuttosto penosi. C´è chi vuole intitolare vie a Mussolini, chi cambiare nome alla festa, chi, nel segno di una guerra la quale in Italia fu civile oltre che fra eserciti contrapposti, pareggiare gli uni e gli altri. È stato giusto, negli anni passati, riconoscere che per molti lo schierarsi sotto le bandiere della RSI dipese da motivazioni alte - l´onore, il rispetto dell´autorità - o dal disorientamento d´una gioventù allevata tutta all´ombra del fascismo. Ma un conto è rispettare anche chi fece una simile scelta, un altro mettere sullo stesso piano le ragioni ideali di chi, dopo l´8 settembre per motivi politici, religiosi o di semplice umanità, si oppose alla dittatura e al nazismo agendo in armi o attraverso una resistenza passiva, o ancora sfidando la morte per portare aiuto a chi era in pericolo, come gli ebrei e i renitenti alla leva. Due recenti trasmissioni Rai hanno rievocato le terribili persecuzioni della Chiesa del silenzio all´Est sotto il comunismo. Qualcuno di coloro che patirono ha raccontato di come sia stato capace di abbracciare il carnefice ritrovato dopo il crollo del muro. Dovremmo allora eguagliare i martiri della fede e chi li incarcerava e uccideva perché talvolta anche questi ultimi avevano agito in buona fede, o piegati dal terrore? Solo pensarlo fa orrore. Un conto sono il perdono e la comprensione, un altro la cancellazione di ogni differenza. Bisogna distinguere fra l´errore e l´errante, diceva Papa Giovanni, ma proprio perché l´errore resta tale e non è redimibile, diversamente dalle persone. La Repubblica, potendo trovare al suo sorgere solo nell´antifascismo un collante ideale trasversale agli schieramenti di maggioranza e opposizione, ha finito per imbalsamare la Resistenza offrendone per molto tempo un ritratto di maniera, dove non vi erano ombre né buchi neri. Questo può aver provocato l´irritazione di chi della scarsa propensione democratica dei partigiani comunisti, delle vendette post belliche, degli eccidi a danno di bande non rosse, della collaborazione con i titini nella pulizia etnica in Istria e a Trieste non voleva si perdesse memoria mentre la vedeva taciuta o manipolata. Ma non è con una sorta di assoluzione generale, che sa di procurata amnesia, che si ristabilisce la verità e si onora la memoria di chi cadde senza colpa o per odio fratricida. La storia è una debole maestra, soprattutto in democrazia, la dove non vi sono verità di Stato e libri di testo di regime, ma volgere le spalle ai suoi insegnamenti costa caro. Riconoscere la complessità di quella stagione di guerra, così come confessare finalmente le compromissioni col regime di chi nel dopoguerra lucrò su un recente antifascismo e si schierò, per ottenere la cancellazione di ogni traccia del proprio passato dalla parte dei sostenitori del modello sovietico e ciò dopo aver negli anni Trenta magari condiviso le leggi razziali o inneggiato al nazismo, è salutare. Non abbiamo bisogno di una storia mitica, né di falsi eroi, né di maestri con la coda di paglia, abbiamo bisogno di raccontarci con umiltà i limiti e le compromissioni di un paio di generazioni per non fingerci figli di padri diversi da quelli che furono, per non vivere noi stessi nella falsità e nell´equivoco, non insegnare ai più giovani storie di cui scopriranno presto la falsità, screditando così anche i valori di libertà, democrazia, rispetto civile che se non erano di tutti i resistenti stavano però dalla parte di chi non si piegava ai proclami e alle lusinghe dei repubblichini e dei nazisti. Per questo fu disposto anche a morire. Cadute in Europa le dittature e rinnegate le ideologie totalitarie - persino Rifondazione all´ultimo congresso ha “superato” lo stalinismo! - è dubbio che l´antifascismo possa costituire la principale ragione della nostra comune cittadinanza, troppo metaforico e mediato è oggi il riferimento a quell´antico avversario perché sia efficace. Ma non è certo promuovendo un revisionismo senza cervello che si contribuisce a definire la nuova cittadinanza degli italiani ed europei e a superare le antiche contrapposizioni.

23/04/2002