Università Cattolica del Sacro Cuore

E la Storia obbligò gli italiani a scegliersi il futuro

Due volumi per più di 1.500 pagine fitte fitte, oltre cinquecento voci tutte originali, decine di collaboratori italiani e stranieri. Un lavoro impressionante questo Dizionario del fascismo che Sergio Luzzatto e Victoria De Grazia hanno pubblicato a cavallo del 2002/2003. Però si sa, talvolta dire grosso libro significa dire grosso guaio. Fortunatamente in questo caso non è così. E credo che nel giudizio non mi faccia velo il fatto di avervi partecipato in modo davvero marginale. Così marginale da poterne parlare senza imbarazzo e senza pregiudizi. Questo otto settembre sarà il sessantesimo da quello del 1943 che vide gli italiani, chiusa la parentesi dei quarantacinque giorni badogliani, obbligati a scegliere il proprio futuro. Lo facessero con passione o con riluttanza, i fatti non lasciarono loro scampo sicuro. Con l´esclusione, per certi versi, degli abitanti delle regioni più meridionali già occupate dagli Alleati al momento dell´armistizio, a tutti gli altri, anche a coloro che avrebbero preferito scegliere di non scegliere, quelli della «zona grigia» cui è dedicata l´ultima voce del Dizionario stesso, poteva sempre capitare di dover prendere una decisione. Nello stato di guerra civile in cui l´Italia si trovava era del tutto precaria infatti una distinzione fra Stato e società che mettesse i civili al riparo della politica e delle vicende pubbliche. In questo senso l´Italia che uscì dalla guerra fu altra cosa da quella che, per lo più molto malvolentieri, vi era entrata. E questo fatto dà in effetti una qualche legittimazione al mito resistenziale d´una rinascita dell´Italia. Ma era, l´Italia del 1945, anche un´Italia del tutto diversa da quella che meno di trent´anni prima era uscita dalla prima guerra mondiale. E su questo, non senza qualche ragione per lui, insiste chi preferisce ridimensionare la novità della storia italiana dopo la seconda guerra mondiale. In effetti tra le due guerre stava il fenomeno corposissimo del regime fascista. Gli italiani del 1945 erano passati tutti attraverso il fascismo e, avessero fatto parte dei pochi irriducibili oppositori, più o meno lucidi nel giudicare che senza libertà e democrazia si sarebbe alla fine giunti al disastro, o della maggioranza consenziente, più o meno secondo i tempi e le sensibilità sociali, verso progetti e realizzazioni del regime, tutti dall´impatto con il fascismo erano stati segnati. Il pregio maggiore del Dizionario sta, io credo, proprio nell´aver scelto di privilegiare una prospettiva di storia sociale piuttosto che politica in senso stretto. Vi sono evidentemente voci relative ai principali protagonisti del regime e alle date chiave della storia politica - compresa quella puntuale ma forse troppo descrittiva sull´otto settembre - ma lo sforzo dei curatori è stato, mi sembra, quello di dar conto di come il regime nel suo progetto che scambiava modernizzazione e progresso della società italiana con autonomia individuale e scelta democratica, che chiedeva ordine e restaurazione da una parte mentre si faceva paladino dell´innovazione dall´altra, abbia inciso rudemente sulla fisionomia e la mentalità dell´Italia. Basta seguire le diverse voci relative alla donna per rendersene conto. Il regime si impegna certo a sostenere la famiglia come cardine della stabilità sociale e valorizza le «casalinghe», ma creando organizzazioni di massa come le «massaie rurali», o l´elitaria «accademia di Orvieto» come luogo di formazione fisica e politica per le nuove italiane, obbligando le bambine a diventare «piccole e giovani italiane», valorizzando lo sport femminile - si veda la voce «eroi sportivi» - le attrae in un ambito pubblico, offre loro occasioni di autonomia sconosciute alle generazioni precedenti e in definitiva suggerisce una ridefinizione della condizione femminile poco conciliabile con la tradizione. Allo stesso modo quel medesimo regime che mette nel 25 fuori legge la massoneria non ha poi remore a servirsi delle competenze e far proprie le prospettive dei rappresentanti più evidenti della medesima, come nel caso dei nittiani cui sarà affidata la politica industriale del regime. Esemplare in questo senso quanto risulta dalla voce dedicata ad Alberto Beneduce, il fondatore dell´IRI, e, lo ricorda la voce, anche suocero di Enrico Cuccia. Non si deve però immaginare che la mano invisibile dei curatori abbia omogeneizzato oltre misura il Dizionario dandogli una linea univoca. La scelta mi pare sia stata anzi quella di offrire una caleidoscopica rifrazione del fascismo attraverso le diverse sensibilità storiografiche, invitando così il lettore a uno sforzo di personale riflessione. Le voci dedicate al mondo cattolico ne sono buona testimonianza. Agostino Gemelli appare, secondo tradizione, un elaboratore del clericofascismo nella voce dedicata a questo fenomeno, abile propugnatore di una linea culturale alternativa al regime, e accanito difensore dell´autonomia della Università Cattolica da lui creata, in quelle, a mio avviso molto convincenti e originali, a lui e alla stessa università dedicate, ma anche di scorcio in quella generale sull´ "università". Peraltro non è certo questo l´unico tema sul quale i curatori hanno saputo trovare collaboratori tra le nuove leve storiografiche capaci di offrire prospettive criticamente innovative. Segnalo per tutte la voce tanto acuta quanto consapevole dedicata alle «brigate partigiane». Già, perché nell´impianto del Dizionario non possono mancare, a dare visibilità e prospettiva al quadro, molte voci che non di fascismo parlano, ma dei fenomeni ad esso per adesione o contrapposizione, connessi. Possiamo trovare così una voce «mafia» come una dedicata ai «fascismi», a Kesselring come a Leo Valiani. È ovvio che pur nella sua densità e scrupolo nemmeno quest´opera, imponente e attentamente curata, è perfetta. Si potrebbe rimproverare la mancanza di qualche voce, ad esempio stupisce l´assenza d´una dedicata a Duce/Dux, altre discuterle come un poco sfocate o francamente insufficienti. Ma sarebbe non solo ingeneroso, anche sbagliato non certo negare le insoddisfazioni quanto appigliarsi a casi particolari per metter in dubbio la rilevanza dell´insieme. L´opera va infatti vista nella sua interezza e capacità critica, testimonianza e strumento d´una rilettura del fascismo, come i curatori orgogliosamente sottolineano nella premessa, estranea a ogni vulgata storiografica. E il Dizionario costituisce così da un lato una aggiornata e ricchissima opera di referenza, cui hanno collaborato storici delle più diverse scuole, dall´altro una foresta entro al quale ciascuno può cercare secondo inclinazioni e interessi, preparazione e preoccupazioni, un proprio particolare percorso. Magari scoprendone di insospettati. A sessant´anni dalla fine del regime è forse venuto finalmente il tempo per una considerazione del fascismo che non sia prigioniera della memoria, e dei problemi, dei contemporanei quanto utile a riflettere su come si è svolta, complessivamente, la vicenda dell´identità italiana nel ´900.

DIZIONARIO DEL FASCISMO a cura di Victoria De Grazia e Sergio Luzzatto 2 voll., Einaudi, euro 72 + 78

07/09/2003