- Milano
- Dipartimento di Storia moderna e contemporanea
- Carte Mozzarelli
- 2003
- Il fascismo e Gemelli, un rapporto non Gentile
Il fascismo e Gemelli, un rapporto non Gentile
Lo scorso anno, facendo memoria della sua giovinezza e del sentimento antifascista che animava lui e il piccolo gruppo dei suoi amici fiorentini e protestanti, lo storico Giorgio Spini ricordava come per non dar nell´occhio all´autorità fascista discutessero le proprie idee pubblicando «una rivistina smilza, dal titolo innocuo, come i tempi neri delle tirannide imponevano, Gioventù Cristiana». E riportava poi una lettera del ´36 in cui, mentre era militare, si proclamava «figlio e soldato … di un altro Regno e di un´altra Maestà a cui ho dedicato tutto me stesso». Parlare da cristiani come modo per riflettere anche sulla politica e il presente dunque, fondando la propria posizione di contro al regime con l´opporgli un altro superiore regno, quello del Cristo. Erano anche questi i modi possibili di un antifascismo militante. Infatti «questo non è ritirarsi in tenda e stare a guardare» assicurava al suo interlocutore. Qualche anno prima a Milano, innalzando la nuova sede di quell´Università Cattolica che aveva voluta dedicare al Sacro Cuore di Gesù, sottolineando così la volontà di redenzione del mondo inscritta nell´amore divino per l´uomo, padre Gemelli non questa ma un´altra immagine sceglieva a sovrastare la facciata d´ingresso: Cristo in trono sormontato dalla corona, Cristo Re. Quella che era stata dapprincipio una competizione culturale col positivismo e l´idealismo per la comprensione e l´orientamento della realtà aveva ormai assunto, consolidatosi il regime, anche un´altra esplicita dimensione, quella politica. Perché se la cultura, nella prospettiva del regime, non poteva essere che strumento per la realizzazione del totalizzante Stato etico, di cui gli individui sarebbero stati solo particelle e nel quale solo avrebbero potuto trovare il significato della propria vita, allora ciò non era accettabile per un cristiano, Spini o Gemelli, che prendesse sul serio la propria fede, né era possibile per lui fare cultura sottraendosi a tale sfida. E quella statua orgogliosamente lo significava. Come i tempi neri della tirannide imponevano si trattava tuttavia di giocare d´equilibrio, come un informatore della polizia avrebbe detto esser solito fare Gemelli, per mantenere aperto uno spazio di dissenso e proposta alternativa, per elaborare un altro progetto oltre i limiti da tutti riconosciuti dello Stato liberale e della sua cultura, e però estraneo alla prospettiva totalitaria, giungendo nell´esprimerlo fin là dove fosse stato possibile senza far fracassare sugli scogli della repressione la navicella dell´Università «dei cattolici italiani» compromettendone così la missione. La vicenda del Partito popolare era lì ad ammonire sugli esiti di una competizione esplicita col fascismo, così come la crisi del ´31 a proposito dell´Azione cattolica aveva provato i limiti della disponibilità sostanziale del regime verso una Chiesa concordataria sì, ma da cui non si volevano interferenze in ambito pubblico. Giuste o sbagliate fossero state le scelte che avevano portato a tale situazione, questa era quella in cui il rettore e francescano, forte di uno stretto legame con il Pontefice, si doveva muovere. Sembrano, a dirle così, considerazioni ovvie. Ma non devono esserlo tanto se la storiografia unanimemente ha giudicato Gemelli alleato del regime e sempre disponibile alle sue esigenze, un clericofascista lo si è detto ancora di recente, estraneo addirittura al lavorìo di preparazione che facendo base nella stessa Università Cattolica i «professorini», come Dossetti o Lazzati, avrebbero compiuto e si sarebbe poi espresso nel contributo culturale e politico dei cattolici alla rinascita democratica del paese. Maria Bocci, che alla Cattolica insegna, aveva già affrontato questi temi dal versante più strettamente culturale nel volume intitolato Oltre lo stato liberale. Ipotesi su politica e società nel dibattito cattolico tra fascismo e democrazia (Roma 1999). In quello ora pubblicato dalla Morcelliana, e dedicato ad Agostino Gemelli rettore e francescano. Chiesa, regime, democrazia li riesamina studiando proprio l´operato di Gemelli, il suo ambiguo rapporto pubblico col regime, le convenienze tattiche adottate per realizzare il disegno strategico di cui sopra si diceva. Un disegno fermo nei propositi fin dal principio ma che si va chiarendo e articolando nei suoi aspetti teorici, e ricadute pratiche, in relazione alle circostanze esso stesso, e che vede il rettore impegnato su diversi fronti, capaci anch´essi di ambigue saldature. C´è la rivalità di cattolici su altre posizioni pronti a rivendicare una propria più sicura fede fascista, c´è la diffidenza del regime, fomentata dalle informative di polizia che per anni non si stancano di ripetere come di Gemelli non ci si debba fidare ma che trova concreti argomenti nella difficoltà delle organizzazioni fasciste a entrare nell´Università o nel riserbo di Gemelli in occasione di manifestazioni pubbliche di sostegno del regime, così come nella tenacia con cui difende la specificità della sua università, un «covo democrista» viene irosamente qualificata, evocando dietro a essa il favore del Papa (che c´era effettivamente e fortissimo, e nutrito da un rapporto strettissimo con Gemelli). E ancora c´è lo sforzo di radicare e far crescere l´Università stessa, che lo porta ad esempio a un lungo duello con la Bocconi, e per essa con lo stesso Gentile che l´università commerciale aveva voluto come proprio vicepresidente, per arrivare ad aprire alla Cattolica una facoltà di economia. E se non si trattasse di argomenti tanto seri oserei dire che si segue con vero piacere la scintillante scherma di questi due straordinari contendenti mai domi e sempre pronti a riprendere lo scontro, tra leggi e ministeri, segreteria del duce e trappole interpretative, neanche fossero cavalieri ariosteschi. Come quelli stimandosi malgrado fossero inimici e di fe´ diversa (il «brigante di piazza S. Ambrogio» scrive Gentile del suo avversario). Ci sono i dissidi interni, che il carattere autoritario del rettore incline nel corso degli anni a confidare sempre più solo in chi lo assecondava (salvo trovarsi strumentalmente accusato dopo la guerra di filofascismo proprio da chi aveva prediletto, e difeso da chi aveva emarginato) rendeva inevitabili. E ci sono le astuzie, come quella di denunciare pubblicamente i due studenti antifascisti già scoperti dalla polizia bruciando così l´indagine. Un fatto ovviamente letto dalla storiografia, che non si è presa la briga di ricostruire sulle fonti l´episodio, come prova del fascismo del rettore che in realtà fece nell´occasione imbufalire la polizia. Ci sono addirittura i successi esagerati. Come quando Gemelli riesce a ottenere che i professori della sua università siano esentati dall´obbligo del giuramento (tanto era prono alle iniziative del regime!) per sentirsi poi rimproverare dal Pontefice di aver così messo in difficoltà i professori cattolici nelle università statali. E la risolverà «permettendo» il giuramento ai suoi professori, ma evitandolo a sé e agli altri docenti sacerdoti della Cattolica. Certo, preso dalla sua missione religiosa d´un Cristo re del mondo, e dalla passione per la propria creatura, Gemelli lascia talvolta senza fiato il lettore per la spregiudicatezza delle sue operazioni, come quando coltiva, per meglio proteggersi dall´ufficialità del regime, il rapporto con l´estremista ma emarginato Farinacci, o compie gesti di cui si possono ricostruire le motivazioni contingenti - come l´autrice fa - ma che rimangono inescusabili, ad esempio allorché aggiunge a un discorso, già precedentemente pronunciato senza, un pesante giudizio antisemita. Col risultato, lui che del razzismo era stato coerente avversario scientifico, di apparirne sostenitore nel momento in cui, per di più, le leggi razziali trasformavano le teorie in pratica vergognosa. D´altro canto il minuzioso lavoro dell´autrice, condotto su una granitica base documentaria da archivi pubblici e privati, non è inteso a esaltare il personaggio o a giustificarlo. Per serietà di studiosa innanzitutto ma, ove questa non bastasse, si potrebbe maliziosamente aggiungere anche per tradizione famigliare, essendo nipote di quel professor Calderini che, come il libro documenta, ben presto entrò in rotta di collisione con Gemelli. Se non a esaltare Gemelli, il libro è però certo inteso a meglio comprenderlo nel suo lungo difficile viaggio attraverso il fascismo, un regime di cui certo il rettore apprezzava i dati di ordine. E mi sembra difficile negare che a ciò il libro riesca, così che chiudendolo è arduo il voler restar attaccati all´immagine stereotipa del clericofascista Gemelli. E vien anzi da chiedersi di fronte a tanta evidenza documentaria come mai essa sia stata fino ad ora trascurata, non solo per quel che ci dice del personaggio ma per quanto ci aiuta a meglio articolare la storia della cultura italiana durante il regime e il ruolo che vi giocano gli uomini di una Chiesa disposta a compromessi fattuali, e a lucrare vantaggi immediati e apprezzare quel che il regime le garantiva meglio dell´Italia liberale, ma strutturalmente incompatibile, nei suoi vertici e rappresentanti più consapevoli, e nella loro opera di formazione, con la prospettiva eticopolitica del regime. È rituale nella stessa storiografia che condanna Gemelli come fascista l´esaltazione dei tecnocrati laici, e volentieri laicisti e massoni, come Beneduce, inventore dell´Iri e regista della politica industriale del regime, o dei banchieri come Mattioli che del regime governarono quella finanziaria. Ancora di recente di fronte a scritture di aperto elogio del regime da parte di quest´ultimo si è fatto ricorso, nel libro di Antonello Gerbi, alla categoria dell´ironia. Che essi mentre servivano il regime avessero in mente altro si può certo concedere, ma, di grazia, perché quel che viene generosamente riconosciuto all´élite
laica del paese viene negato alla Cattolica? A Mattioli sì e a Gemelli, compagno di strada tanto più riottoso del regime, no? Come ogni buon libro di storia anche quello di Maria Bocci nell´offrire delle risposte imposta nuove domande. Non è l´ultimo dei suoi meriti. Sarà interessante vedere come l´accoglierà la storiografia.
MARIA BOCCI Agostino Gemelli rettore e francescano. Chiesa, regime, democrazia, Morcelliana editore, pp. 713, euro 35.
24/10/2003