Università Cattolica del Sacro Cuore

La doppia morale americana

E così anche George Bush si è fatto prendere in castagna. La notizia che Saddam Hussein avrebbe cercato di acquistare uranio in Niger per scopi militari, usata per giustificare la guerra all´Iraq sembra ormai essere falsa. Dopo il tormentone delle bugie d´argomento sessuale di Clinton, il suo coniugalmente morigerato successore si trova anch´egli in difficoltà per via del settimo comandamento, non dire falsa testimonianza. Si sa i comandamenti, sono tutti egualmente importanti, ma per gli americani sembra che questo lo sia un pò più degli altri quando si tratta di politica. Tutti ricordano come per aver mentito dichiarandosi all´oscuro dello spionaggio nella sede dei democratici al palazzo Watergate Nixon sia stato a suo tempo addirittura costretto a dimettersi. Non vi è dubbio che ciò rimanda a un fondo culturale specifico, al versante puritano del pensiero americano. In effetti Blair ha avallato le stesse accuse a Saddam, e questo ora gli viene rimproverato, ma non sembra che in Inghilterra lo scandalo da ciò suscitato sia egualmente importante. D´altra parte là i puritani furono sconfitti, e dovettero prendere proprio per questo, qualcuno di loro almeno, la via del lontano continente americano. E nel primo messaggio alla nazione da presidente Washington richiamò proprio l´idea puritana della nuova Gerusalemme da erigere in terra spiegando che quello della Repubblica americana era un «sacro esperimento», mai tentato prima. Per questo ancora oggi sulle monete da un centesimo sta scritto «in God we trust», in Dio noi confidiamo, frase che sarebbe impensabile non solo sull´Euro ma pure sulla sterlina. In effetti trattandosi originariamente di un patto tra cittadini garantito da Dio quello americano, è chiaro che la menzogna del politico mette in discussione non la sua parola ma molto di più. Mette a rischio il rapporto dell´America con Dio, cui è impossibile mentire, come sperimentarono i progenitori nel Paradiso terrestre, e dunque il fondamento ultimo del vivere associato. Abituati dai nostri politici a non dar troppo peso alle loro parole, scetticamente convinti che quanto appare è comunque solo una parte della verità - e valga per tutti il caso di Ustica -, possiamo restare ammirati da tanta severità di giudizio. E però prima di riconoscerci italicamente inferiori e inadeguati agli standard americani, e di avvilirci coi sensi di colpa rispetto a quello splendido modello, sarà il caso di riflettere sul fatto che quegli stessi americani che tanto si scandalizzano per le bugie presidenziali non altrettanto hanno fatto per altri comportamenti che ai nostri occhi sono certamente più riprovevoli. Pensiamo alle pesanti interferenze nelle scelte politiche degli altri americani, quelli del Sud, e al sostegno dato a regimi impresentabili e atroci come quello di Pinochet, o oggi alla resistenza degli Stati Uniti a firmare il protocollo di Kyoto sull´ambiente, vale a dire a cominciare a garantire un futuro all´umanità tutta intera. Ma a rifletterci un attimo i due comportamenti non sono schizofrenici come potrebbero apparire a prima vista. Proprio perché il loro è un sacro esperimento, ed eccezionale e benedetta da Dio la loro esperienza, è altrettanto grave metterla a rischio per via dell´empia menzogna interna come di scelte altrui che vadano contro gli stessi interessi americani. In un libro molto bello apparso di recente anche in italiano, «Il serpente e la colomba», Russell Mead dimostra quanto infondato sia il mito di un´America ritrosa fino ad anni recenti a intervenire militarmente all´estero. L´ha sempre fatto. E sempre lo farà, almeno fino a quando non muterà il suo Dna. Così come continuerà a scandalizzarsi per le bugie presidenziali. Non essendo convinti, né noi né gli altri europei, di essere in missione politica per conto del buon Dio, i nostri metri di giudizio sono differenti, differente la nostra concezione della politica, molto meno «fondamentalista» se vogliamo, consapevole della invincibile imperfezione di questo mondo e della virtù del compromesso, di quella che da Aristotele in poi per tanto tempo è stata la virtù politica per eccellenza, la prudenza. Cui ancora rendiamo nei fatti omaggio, e non credo sia un male. Anche se, a ben riflettere forse proprio noi italiani sembriamo i più americani degli europei. Un presidente, Leone, l´abbiamo costretto anche noi a dimettersi e per morale indignazione abbiamo decapitato di recente una intera classe dirigente. Ma no, anche se vogliamo fare gli americani restiamo italiani. Però Leone l´abbiamo perdonato e onorato in morte. E la prima Repubblica più passa il tempo e meno ci sembra male. Vogliamo fare gli americani, siamo irrimediabilmente europei. Anche su questo varrà la pena di riflettere.

17/07/2003