Università Cattolica del Sacro Cuore

Nel presepe di Rota Nodari la poesia di Davide Maria Turoldo

È arrivato anche a Milano quest´anno il presepe amorosamente composto da Cesare Rota Nodari e già ben noto ai bergamaschi. È arrivato in una chiesa, San Carlo al Corso, che più centrale non potrebbe essere, a mezza via tra piazza del Duomo e San Babila, ma anche in una chiesa ottocentesca solennemente retorica, lucida e algida, che più non potrebbe contrastare con la dolcezza e umiltà di quelle figurine di terracotta. Ed è arrivato con la compagnia di un testo che le impagina, quelle figurine, con appassionate scritture natalizie di padre Davide Maria Turoldo. Anch´esse a modo loro con quel presepe contrastanti. Così è difficile restare indifferenti nella combinazione dei tre elementi. Intanto per la varietà dei modi nei quali evidentemente si può celebrare il mistero cristiano, e poi per la sproporzione, verrebbe da dire, fra le statuine e l´architettura da un lato, le parole dall´altro. Nel presepe le forme più riconoscibili sono quelle degli oggetti, mentre gli uomini tutti restano senza volto. Sono la posizione nella doppia fila che conduce al Gesù bambino e gli esteriori segni d´una condizione o professione a farci riconoscere i personaggi. Di fronte alla marmorea luminosa fissità della chiesa circolare nella quale l´unica distinzione possibile e suggerita è quella fra sacerdote e laici, il presepe sembra avvertirci che ciascuno può scegliere il proprio posto. Panettiere, se con un cesto di pani ai piedi, pescatore per via dei pesci, angelo anche, con un flauto e due ali, o re magio grazie alla corona e alla ricchezza dell´abito. Tocca a te decidere a che punto della fila vuoi proporti, a chi dare il tuo volto, che ruolo immaginarti rispetto al tuo Signore, dice lo scultore. Per contro gli oggetti sono sotto accusa nelle parole di padre Turoldo. È il Natale del consumismo quello che gli appare come tradimento del Natale. Malgrado luminarie e confezioni scintillanti «È la nostra/ terra il sepolcro/ della luce:/ occidente, paese/ di dannati/ all´oscurità della mente». Se «Dio non lo vede nessuno, sarà appunto l´uomo la continua manifestazione di Dio», sarà Dio «riflesso nella faccia di ogni uomo» e poco conteranno le circostanze che individuano ciascuno. Il bello però è che da ciascuno dei tre punti di vista si può arrivare a comprendere gli altri due, come da ognuno dei vertici degli angoli di un triangolo; e che al tempo stesso nessuno dei tre ci restituisce pienamente la ricchezza implicita negli altre due. L´uomo dello scultore è un individuo, con la sua storia e la sua quotidianità. E anche i regali e la festa laica che si è attaccata al Natale di Cristo, sacerdote del divino sacrificio, uomo come tutti in cui però si incarna Dio, ne fanno parte. Che il giorno per dichiararsi l´affetto non sia più quello di Santa Lucia, o della Befana, o dei Morti, come in Sicilia, ma il 25 di dicembre alla fine cambia poco. Dell´annuale rito umano del dono, allargato dai bambini a tutti se appena si può, c´è comunque bisogno. Anche il Natale sta dove sta per essersi all´origine reso meglio visibile grazie alle feste pagane del solstizio. Così come «fa Natale» e ci pare simbolo di pacifica festa l´albero malgrado i suoi gialli festoni siano, come pare, la trasposizione delle budella strappate ai nemici e srotolate ad adornare in segno di feroce vittoria gli alberi presso i Germani. E così come l´ancor più recente Babbo Natale, che può ispirare a tanti tenerezza malgrado sia diventato da verde uomo dei boschi nordici, il quale portava doni dall´altrove come i morti o la befana così congiungendo il nostro mondo a quello dei trapassati, bianco e rosso per una straordinaria invenzione pubblicitaria della Coca Cola che gli ha dato i propri colori di riferimento. E d´altra parte se possiamo scegliere di essere anche i ricchi e importanti magi che il presepe di Cesare Rota Nodari ci rappresenta evocando la grandezza del seguito e lo splendore degli abiti, è più facile se essi sono quali appaiono a padre Turoldo «i santi più nostri,/ i pellegrini del cielo, gli eletti,/ l´anima eterna dell´uomo che cerca,/ cui solo Iddio è luce e mistero». Insomma, la saldezza esibita dell´edificio, simbolo d´una chiesa che accoglie e guida, la varietà grande e mai del tutto certa nelle sue forme delle statuine del presepe, la quale richiama quella della condizione umana in attesa di identità grazie al Cristo, il pressante invito alla conversione e la passione di Dio di padre Turoldo. Anche nel mezzo della passeggiata per vetrine cinema e bar, si svolta un attimo, e tutto si trasmuta. Basta averne la curiosità, Lui è la che aspetta.

06/01/2003