- Milano
- Dipartimento di Storia moderna e contemporanea
- Carte Mozzarelli
- 2003
- Terrorismo. L´Italia è cambiata, ma i primi a non saperlo sono loro
Terrorismo. L´Italia è cambiata, ma i primi a non saperlo sono loro
C´è stata unanimità fra le forze politiche e sulla stampa nella condanna del nuovo omicidio delle Brigate rosse. Non sono più per nessuno, quegli assassini, «compagni che sbagliano», come accadeva ancora di sentir dire negli Anni Settanta. E anche i nuovi movimenti antagonisti sembrano attenti a marcare la distanza dal terrorismo. Gli unici a non rendersi conto di quanto sia cambiata l´Italia sono invece proprio loro, i brigatisti. Ed è questo che li rende estremamente pericolosi, perché pericolosamente stupidi. Chiusi in una narcisistica ed esaltata autocomprensione di sé come «nemici dello Stato» che con quello, con tutti noi in questo caso, si considerano in guerra da pari a pari. Così da tenere, come ha fatto la terrorista appena arrestata nel documento presentato ai giudici, una sorta di contabilità, di misura di chi sia in vantaggio nella tragica gara fra loro e lo Stato, noi. È questa identità autoreferenziale, questo esser chiusi in un mondo tutto loro senza porte e finestre sulla realtà, senza alcuna possibilità che quanto accade intorno ad essi li possa indurre a riflettere e mutare, è questa vocazione alla fine alienata e suicida, che sgomenta e preoccupa. E provoca quel malessere angoscioso, e direi di pietà se questi non uccidessero, che si prova talvolta di fronte alla persona apparentemente normale quando si rivela come non in possesso di tutte le sue facoltà mentali. E se anche ai brigatisti va riconosciuta quella condizione di uomini che Paolo VI evocò loro nel momento terribile del sequestro Moro per stabilire un ambito di riconoscimento reciproco e una possibilità di dialogo, sembra al momento difficile che essi ne siano interessati. E così dobbiamo sapere che il rischio di altri omicidi, di altri lutti e dolori, di altre difficoltà e fatiche, rimane altissimo fino a quando rimarranno capaci di agire, e che nessuno può pensare di potersi con certezza sottrarre alla prova di tanto stupido male. Perché, quale che sia l´obiettivo, esso in realtà siamo tutti noi. È la possibilità di scegliere attraverso un convincimento meditato, e di cambiare le nostre scelte, di differenziarci sul piano delle scelte politiche, e anche di vita se vogliamo, ma senza mai negarci reciprocamente una pari dignità, quella che i terroristi vogliono eliminare; convinti come sono di conoscere senza alcun dubbio il senso della storia e dunque di poterlo e doverlo realizzare costi quel che costi. Per una felicità che non comprendiamo ma è certa. Ancora una volta essi ci evocano il fantasma novecentesco delle avanguardie, dei consumatori di ideologia per ciò stesso capaci di negare ai «nemici» la qualifica di uomo, e dunque di uccidere come sereno dovere. Dietro vi sono poi altri miti, fallaci allora, più ancora oggi. Quello che esista un luogo del Potere, una stanza dei bottoni, come se lo Stato stesso non fosse ormai solo uno dei tanti attori sulla scena politica, uno dei nodi di una rete che non ha centro, né identità definita, in cui tutto si condiziona e implica reciprocamente, e al cuore del Potere non si arriva mai. Nemmeno quando di mezzo c´è la superpotenza americana, come dimostrano i costi per gli Stati Uniti nell´immagine e nei rapporti di una operazione, la possibile guerra a Saddam, che gli imperi di una volta avrebbero potuto compiere senza se e senza ma. Come gli imperi europei quando si spartirono l´Africa, come la Cina quando, più di recente, si annettè il Tibet massacrandone la popolazione. E collegato al mito del Potere quello che sia possibile con un atto esemplare nei confronti dei detentori del Potere stesso cambiare tutto. Era quello che pensavano anche gli anarchici di inizio Novecento quando il Potere forse era davvero identificabile. Non aveva senso allora, immaginarsi oggi. È stato chiesto ai brigatisti di voler ragionare. Mi accontenterei di meno. Che escano, che camminino tra la gente, che ne condividano le preoccupazioni quotidiane. Forse il cervello si snebbierà, si sveglieranno dall´incubo in cui vivono e si dissolveranno così anche i mostri fantastici che esso gli rappresenta.
08/03/2003