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Un ricordo di Carlo Dell’Aringa
di Claudio Lucifora
I ricordi più vivi che ho di Carlo sono tutti relativamente recenti. Negli ultimi anni spesso bussava alla mia porta e chiedeva “andiamo a pranzo?”. In queste settimane, dopo la sua scomparsa, ho guardato spesso la porta nella speranza che fosse lui a bussare per chiedermi di andare a pranzo.
Andavamo a pranzo di lunedì, quando gli impegni parlamentari erano meno fitti, e si parlava di politica, della crisi, di povertà e diseguaglianze, delle manovre che il Governo in carica si apprestava a varare e, non senza un certo scoramento, raccontava delle difficoltà che caratterizzavano i lavori delle Commissioni parlamentari e delle difficoltà a trovare un consenso sulle misure da adottare.
Del Parlamento conservava un ricordo vivo e disincantato raccontando come nei banchi di Montecitorio tra i colleghi di partito ci fossero molti professionisti che, durante le lunghe sedute parlamentari, continuavano a fare il loro lavoro di avvocati, medici, consulenti telefonando, mandando mail o prendendo appunti. Sembrava più il racconto di un’allegra, a volte litigiosa, scolaresca che un resoconto dei lavori parlamentari.
In università veniva regolarmente s’informava sui giovani che collaboravano con il Creli, della vita del Dipartimento e dei colleghi, spesso stupendosi del fatto che molti non li conosceva più. Era un vulcano di idee e iniziative, solo negli tre ultimi anni aveva curato almeno tre libri pubblicati dal Mulino nella collana Arel, su temi importanti del dibattito politico. Coinvolgeva sempre molti di noi, era difficile dirgli di no anche quando il tema o gli impegni di lavoro in quel momento non lasciavano molti margini per prendere altro lavoro. Seguiva tutto con attenzione, leggendo i capitoli, commentando e fornendo spunti per migliorare il messaggio del lavoro. Gli stava a cuore che dall’analisi scaturisse un messaggio chiaro di che cosa era opportuno fare per migliorare le cose. L’insegnamento che ha lasciato a tutti noi, è proprio quello di unire al rigore dei metodi una particolare attenzione alle policy, a quello che si poteva e doveva fare, alla necessità di comunicare i risultati anche al di fuori dell’Università in seminari, convegni, tavole rotonde, interviste, editoriali sui quotidiani, interventi nei blog on-line, tutte attività a cui si dedicava generosamente senza pensare al proprio tornaconto ma contento di offrire il suo punto di vista, informare o lasciare uno spunto per comporre le divergenze.
In tutte queste attività è sempre rimasto profondamente legato alla Cattolica, al Collegio che aveva frequentato da studente, interpretando fino in fondo il suo ruolo di studioso cattolico.
Ciao Carlo ci manchi.
Milano, 18 ottobre 2018