Università Cattolica del Sacro Cuore

Italia 2030. Per una economia capace di futuro

Una proposta di riflessione degli economisti del Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione della 50a Settimana Sociale dei Cattolici in Italia. di Luca Vittorio Angelo Colombo Direttore del Dipartimento di Economia e Finanza Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Dal 3 e al 7 luglio 2024 si terrà a Trieste la 50a Settimana Sociale dei Cattolici in Italia- sul tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”, un incontro che vuole riunire tante realtà attive nella società Italiana per riflettere e offrire risposte ai problemi più urgenti del nostro Paese. L’Italia è un paese ricco di risorse, di capacità e di iniziative. Ottava economia al mondo per prodotto interno lordo, il Bel Paese è anche la seconda potenza manifatturiera europea con un primato in molti settori a media tecnologia e a forte contenuto di creatività. Il tessuto produttivo italiano è animato da vivaci distretti industriali e da “multinazionali tascabili” ben inserite nelle catene internazionali del valore: è il cosiddetto “quarto capitalismo”, versione evoluta e aggiornata della “Terza Italia” che negli anni Settanta e Ottanta salvò l’Italia dalla crisi della grande impresa pubblica e privata. Se allarghiamo lo sguardo al turismo, alla cucina, alle bellezze artistiche e naturali, l’Italia si colloca stabilmente in testa alle classifiche: primo paese al mondo per numero di siti Unesco, quinto per numero di visitatori, terzo nell’export di prodotti agroalimentari. Eppure, da molti anni l’Italia si dibatte in una crisi economica acuta e apparentemente interminabile: dalla fine degli anni Novanta il reddito pro-capite è cresciuto pochissimo, il debito pubblico è aumentato, l’occupazione è rimasta sostanzialmente immutata in termini di ore lavorate. L’aumento delle diseguaglianze, i tagli al welfare e la bassissima dinamica dei salari hanno causato una sostanziale stagnazione del reddito delle famiglie, erodendo il tenore di vita del ceto medio e approfondendo i divari territoriali e generazionali. Alla radice di questi problemi vi è la bassissima crescita della produttività delle imprese: pochi investimenti, ridotta spesa in ricerca e sviluppo, investimenti in formazione inferiori alla media OCSE, tassi elevati di informalità e di evasione fiscale, una struttura industriale caratterizzata da una percentuale altissima di microimprese, certamente molto flessibili ma poco efficienti dal punto di vista organizzativo e tecnologico. La bassa natalità e l’invecchiamento della popolazione, fenomeni comuni a molti paesi sviluppati ma da noi particolarmente acuti, aumentano i bisogni di cura e riducono la capacità fiscale dello Stato, facendo scivolare il nostro sistema di welfare lungo un sentiero sempre più insostenibile. A farne le spese sono soprattutto i più giovani, i quali, in una economia bloccata, non trovano opportunità di lavoro adeguate alla loro formazione, sperimentano un diffuso precariato, faticano a costruire un progetto di vita professionale e familiare. Molti di loro, soprattutto tra quelli ad alta qualifica, cercano (e trovano) lavoro e prospettive di carriera all’estero, alimentando un consistente flusso di emigrazione. In questo quadro, sono soprattutto i territori più fragili e le aree interne a soffrire i processi di impoverimento e di spopolamento a favore delle grandi aree urbane nazionali ed estere. Eco dai percorsi preparatori (bozza 29 maggio 2024) 2 Particolarmente difficile è la condizione femminile: nonostante i positivi sviluppi registrati in anni recenti, l’Italia è ancora ultima in Europa quanto a partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, soprattutto nelle posizioni apicali e dirigenziali. “Soffitto di cristallo”, gender pay gap, inadeguatezza dei servizi per infanzia e maternità, rendono molto difficile la conciliazione famiglia-lavoro, creando ingiuste discriminazioni, frenando la natalità ed erodendo anche per questa via le possibilità di crescita della nostra economia. Il sistema sanitario, sottofinanziato e gravato da squilibri, lacune e inefficienze, fatica a garantire servizi di qualità per una popolazione sempre più anziana, la quale rischia, in assenza di politiche sanitarie, sociali e pensionistiche orientate all’invecchiamento attivo, di vivere più a lungo ma in condizioni di crescente disagio. Nel frattempo, flussi di migranti entrano nel nostro paese a colmare i gap che si creano in molti settori del nostro sistema sociale, offrendo lavoro agricolo, manifatturiero e di cura di cui il nostro Paese ha enorme bisogno. Ciò consente di rallentare la crisi demografica, evitare la chiusura di molte imprese, alimentando le casse dello Stato e pagando una parte significativa delle pensioni e della spesa pubblica per gli italiani. Tuttavia, l’assenza di servizi di sostegno all’integrazione e alla formazione professionale, l’alta precarietà del lavoro, talvolta in condizioni irregolari e semiclandestine, l’incertezza normativa in merito allo status di cittadinanza, il deterioramento delle condizioni di vita nelle periferie, riducono moltissimo i potenziali vantaggi che l’immigrazione potrebbe dare non solo a chi la vive in prima persona, ma a tutto il Paese e al suo sistema fiscale e produttivo. Gli effetti del riscaldamento climatico minacciano intanto di colpire in modo sempre più forte parti rilevanti del territorio nazionale, moltiplicando siccità ed eventi estremi, riducendo la produttività agricola e creando rischi dai quali è difficile e costoso coprirsi. L’impegno per la conversione ecologica ed energetica richiede scelte tecnologiche e finanziarie lungimiranti, attente agli impatti sociali ed economici di breve e di lungo periodo. Un paese che invecchia, che non investe abbastanza in formazione, in sostenibilità ambientale e in tecnologia, che penalizza giovani e donne e che non offre ai migranti adeguate possibilità di integrazione, erode la sua capacità di futuro. Per questo occorre pensare a un diverso approccio di politica economica che superi visioni talvolta viziate da settorialismi, interessi particolari e pregiudizi che impediscono di cogliere i problemi e le sfide del Paese nei loro rapporti di interdipendenza e secondo un ordine di priorità: una visione d’insieme, che indichi e valorizzi risorse e potenzialità fin qui inespresse, per tracciare il volto nuovo di un’Italia capace di futuro. La 50a Settimana Sociale rappresenta un momento importante non solo per i cattolici ma per tutto il Paese. Le settimane sociali, organizzate con cadenza pluriennale, hanno sempre affrontato tematiche particolarmente sensibili per il progresso sociale e culturale italiano: la prima si è svolta nel 1907, a Pistoia sul tema “Movimento cattolico e azione sociale. Contratti di lavoro, cooperazione e organizzazione sindacale”. L’ultima a Taranto, nel 2021, è stata dedicata al tema “Ambiente, lavoro, futuro” e ha promosso, fra le altre cose, la nascita di Comunità energetiche rinnovabili, poi recepite nell’attuale normativa. Da sempre l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha svolto un ruolo attivo nelle Settimane Sociali, elaborando analisi e proposte e facendosi promotrice di un dialogo originale fra Dottrina Sociale della Chiesa e ricerca scientifica. Anche in questa edizione, l’Ateneo dei Cattolici italiani parteciperà alla Settimana Sociale con un’ampia delegazione e con vari progetti e iniziative. Fra queste si colloca il progetto “Italia 2030. Per un’economia capace di futuro” lanciata dal Dipartimento di Economia e Finanza. Il Dipartimento è formato da economisti con diverse aree di specializzazione, attivi nel dibattito di politica economica, a stretto contatto con istituzioni, imprese e terzo settore. Il 19 Eco dai percorsi preparatori (bozza 29 maggio 2024) 3 aprile 2024, in preparazione alla Settimana Sociale, si è tenuto un Workshop interno per esaminare con un approccio multidisciplinare i principali problemi della politica economica del Paese: dal lavoro, alla parità di genere, alla competitività delle imprese, alla finanza pubblica, alle migrazioni, al sistema educativo, all’invecchiamento attivo, alla sostenibilità ambientale ed energetica, alla tutela della concorrenza e del consumatore, al sistema bancario, al commercio internazionale, alla governance dell’Unione Europea. Ne sono emersi una serie di contributi, elaborati da vari economisti e gruppi di ricerca, ognuno secondo la sua specializzazione, ma in un dialogo trasversale con tutti, volto ad individuare raccordi, sovrapposizioni e interdipendenze: ciascuno degli scritti qui pubblicati esamina, con taglio semplice e in uno spazio contenuto, una specifica tematica, presentando alcuni dati essenziali ed evidenziando punti di forza e di debolezza, risorse e potenzialità nascoste. I contributi vogliono essere uno strumento offerto ai delegati e a tutti i partecipanti della Settimana Sociale, perché possano arricchire di informazioni attendibili e riflessioni scientificamente fondate il lavoro di elaborazione di proposte che sarà svolto a Trieste, soprattutto nei “Laboratori della Partecipazione” e nelle “Piazze della Democrazia”. Dopo la Settimana Sociale, alla luce di quanto emergerà nei lavori di Trieste, il Dipartimento di Economia e Finanza continuerà la sua riflessione per arricchire e raffinare le proprie proposte e proporle nel dibattito pubblico, nell’ambito del processo di follow-up della Settimana Sociale stessa. Dopo molti anni di stagnazione e crescita delle diseguaglianze, l’Italia merita di trovare la strada di una crescita inclusiva e sostenibile, creatrice di occupazione, di innovazione e di sviluppo. Il Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore vuole partecipare e contribuire a questa ricerca, in un confronto aperto con quanti, fuori e dentro il mondo cattolico, desiderano costruire un’economia capace di futuro.

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