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Una popolazione che invecchia
Una popolazione che invecchia
di Claudio Lucifora
L’Italia è il paese più anziano d'Europa, siamo tra i più vecchi al mondo, si vive a lungo ma si vive male. A 65 anni di età, l'aspettativa di vita è di circa 20 anni, un po’ meno per gli uomini, ma metà di questi 20 anni vengono trascorsi in cattiva salute. E il problema dell'invecchiamento è proprio la non autosufficienza. Il numero di persone non autosufficienti, nel 2030, sarà di oltre 5 milioni. Riproporre le stesse politiche non può essere la soluzione a un problema che in futuro si prospetta più complesso. L'invecchiamento della popolazione ha riflessi anche su altri mercati, oltre a quello della salute e delle cure a lungo termine. Perché una popolazione che invecchia restringe sempre di più le sue capacità di crescita. Tra gli anni 50 e 70, sono nati quasi la metà degli italiani e questa coorte presto andrà in pensione. La popolazione decresce, il rapporto tra giovani e anziani aumenta, ma soprattutto ci sono meno coppie con figli. Per capire come la struttura della popolazione sia interessata da queste dinamiche, è utile fare riferimento a una serie di indici strutturali calcolati dall’Istat. Tra questi, l’indice di vecchiaia (calcolato come rapporto tra over 65 e under 15), sintetizza al meglio l’invecchiamento della popolazione che, nel 2022, risultava pari a 188, ad indicare che ci sono circa 1,88 “anziani” per ogni “giovane”. Un altro indice, utile soprattutto per comprendere la sostenibilità economica del welfare, è l’indice di dipendenza (calcolato come rapporto tra gli over 65 e la popolazione in età attiva), che sempre nel 2022 era pari a 37,5, e cioè 0,38 over 65 per ogni soggetto in età attiva (Figura 1). Ma le previsioni ci dicono che nel 2050 gli indicatori aumenteranno, rispettivamente, a 300 (indice di vecchiaia) e a 66 (indice di dipendenza).
Figura 1 - Età media, indice di dipendenza e indice di vecchiaia (in %)
Note: Indice di dipendenza calcolato come rapporto tra gli over 65 e la popolazione in età attiva; Indice di vecchiaia calcolato come rapporto tra over 65 e under 15. Fonte: Itinerari previdenziali, 2022 su dati Istat
L’aumento dell’età media e le modifiche strutturali della popolazione italiana pongono al sistema economico una serie di questioni. In primo luogo, la sostenibilità finanziaria in termini di welfare, sanità e previdenza. Il fatto che la popolazione decresca non è dovuto semplicemente alla denatalità, cioè che si fanno pochi figli. Noi non abbiamo bisogno solo di più figli, abbiamo bisogno di più madri. Anche se la fecondità dovesse raddoppiare rispetto ad oggi in poco tempo, cosa altamente improbabile, in ogni caso il numero di madri in età fertile non sarebbe in grado di invertire il trend di declino della popolazione. Quindi nei prossimi decenni l'unica ricetta possibile per l'Italia, e per l'Europa, è avere più madri. È necessario aumentare il flusso di immigrati di cui il nostro paese ha bisogno. Se l’immigrazione viene considerato solo un problema e non una risorsa, se non si provvede ad una programmazione dei flussi e delle competenze che gli immigrati dovrebbero possedere, allora l’unica possibilità di ingresso sarà quella senza regole in cui gli immigrati vengono considerati illegali, e la loro inclusione sarà assente o insufficiente lasciando al margine della società gli immigrati e rendendo più probabile il rischio che immigrazione e illegalità coincidano. Il motivo per cui la transizione demografica e i problemi ad essa connessi sono stati a lungo ignorati ha a che fare con la lentezza delle dinamiche della popolazione, è come un piano inclinato in cui lentamente ma inesorabilmente si scivola in basso, anche per decenni, e la percezione che le cose stiano peggiorando arriva solo alla fine quando il problema è così grande che diventa difficile o quasi impossibile affrontarlo. Ecco siamo arrivati a questo punto. Il declino demografico e l’invecchiamento s’intrecciano con il tema della sostenibilità welfare. Secondo l’Ocse, che regolarmente conduce un’indagine dal titolo “I rischi che contano” (Risks that matter), in Italia, la preoccupazione principale della popolazione anziana è quella di ammalarsi e diventare disabile, di non avere cure di qualità per una vita che si allunga. Le famiglie italiane inoltre non credono nello Stato e si affidano, questo in tutte le Eco dai percorsi preparatori (bozza 29 maggio 2024) 3 cose, ai rapporti informali, amici, ma soprattutto ai familiari. Infine, non c’è la percezione di quali servizi e benefici pubblici siano accessibili, mentre tutti ritengono che il governo dovrebbe fare di più, ma senza un aumento delle tasse. Il mercato del lavoro: le persone in età lavorativa decresceranno sempre di più. Già adesso il 40% delle imprese dichiara di non essere in grado di coprire i posti di lavoro, qui per la mancanza numerica di candidati, sia per il mismatch delle competenze. C'è un ruolo importante che le parti sociali, quindi tutti i corpi intermedi, possono svolgere attraverso il welfare integrativo, e aziendale. C'è inoltre un altro tema molto importante: non è vero che gli anziani lavorano poco in Italia, semplicemente noi non lo misuriamo. In altri paesi dove i servizi di cura sia per gli anziani, sia per i bambini passano per il mercato, il tasso di occupazione delle coorti di 60+ è maggiore che in Italia, dove tutto è informale: gli anziani, i nonni sono occupatissimi, passano tantissimo tempo nella cura dei piccoli e nella cura di altri anziani meno autosufficienti. Tutto questo è lavoro non registrato, non retribuito, lavoro non di qualità. L'altro grande tema è che manca equità intergenerazionale: non ci preoccupiamo degli anziani di domani. Alcune stime dell'Inps dicono che le generazioni, quelle dei giovani di oggi, andranno in pensione dopo i settant'anni, mentre adesso le piazze si riempiono quando viene semplicemente ventilata l’ipotesi di andare in pensione dopo i 62 anni. Allora che cosa si può fare? Bisogna incoraggiare carriere più lunghe, seguire le buone pratiche di alcuni paesi più virtuosi, come molti paesi nordici, in cui il concetto di “neutralità attuariale” consente alle persone di andare in pensione quando vogliono, in quanto la rendita pensionistica sarà commisurata alle scelte compiute. Chi dà più valore al tempo libero andrà in pensione anticipatamente e sarà disposto a rinunciare una parte della rendita, viceversa chi preferisce lavorare più a lungo potrà contare su una rendita pensionistica maggiore. Ma quali sono le prospettive per un nuovo welfare? Bisogna che le quote siano più elevate e che ci si preoccupi di formare le competenze necessarie. Bisogna contrastare quella che si chiama la “fuga di cervelli”, oppure aumentare la nostra capacità di attirare cervelli stranieri, cosa in cui non siamo molto bravi. L'invecchiamento attivo, oltre a uno slogan, deve essere declinato, è messo a terra in un qualche modo. C'è il tema della Silver economy, in modo che avere tante persone anziane nella popolazione sia anche un'opportunità. Il 60% della ricchezza immobiliare è detenuto dalla tensione che hanno più di 65 anni.
Figura 2 – Popolazione e spesa degli over 65 in Italia (in miliardi di €)
Fonte: Itinerari previdenziali, 2022 su dati Eurostat
Tenendo presente che la spesa pensionistica ha ormai superato la soglia 330 miliardi di euro, e cioè circa il 35 percento della spesa pubblica (MEF, 2023), appare evidente come le dimensioni della Silver economy, anche in termini di trasferimenti dello Stato, costituiscano una quota rilevante della ricchezza nazionale (Figura 2). Sommando la ricchezza immobiliare ai risparmi, ci sono una montagna di risorse inutilizzate (i cosiddetti risparmi precauzionali) che invece potrebbero essere mobilizzate attraverso strumenti finanziari per consentire al paese di crescere di più.
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