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Scuola, università e formazione
Scuola, università e formazione
di Elena Cottini, Selene Ghisolfi, Elena Villar
Il contesto L'Italia investe il 3.8% del suo PIL in istruzione, valore sotto la media OECD, pari al 4,5% (OECD, 2023). Tale carenza di investimento si manifesta particolarmente in ambito universitario, dove il finanziamento è solo il 0,6% del PIL, rispetto all'1% della media OECD. Il 90% di tali risorse è destinato ai salari degli insegnanti. Sul fronte educativo, il paese è caratterizzato da una notevole carenza di laureati e diplomati, con solo un quinto degli italiani tra 25 e 64 anni che possiede una laurea (Figura 1) e il 22% dei giovani adulti senza diploma di scuola secondaria.
Figura 1: Percentuale di laureati nei paesi OECD, confronto tra le classi di età 25-34 e 55-64
Eco dai percorsi preparatori (bozza 29 maggio 2024) 2 Tuttavia, l'Italia ha fatto progressi nel ridurre il tasso di abbandono scolastico, che è sceso dal 17,8% nel 2011 all'11,5% nel 2022, segnando un miglioramento dell'inclusione educativa e nella riduzione del drop-out scolastico. A fronte di un marcato calo demografico, l'Italia ha visto una significativa riduzione delle iscrizioni scolastiche tra il 2011 e il 2021, portando alla chiusura di 1.162 istituti in dieci anni. Proiezioni indicano che altre 1.200 sedi potrebbero chiudere entro cinque anni, con una stima di 1.4 milioni di studenti in meno entro il 2033. Questo declino demografico ha portato a un aumento dell'età media dei docenti e un rapporto studenti-docente più basso rispetto al resto d'Europa, fenomeni aggravati dai limitati finanziamenti pubblici e da un lento ricambio generazionale. Nonostante un numero di ore di lezione simile agli altri paesi europei, la loro distribuzione durante l'anno e i tre mesi di pausa estiva sembrano impattare negativamente sull'apprendimento (Battistin e Meroni, 2016).
Ritardi negli apprendimenti: divari territoriali, di genere e sociali
I recenti dati INVALSI del 2021 evidenziano preoccupanti lacune nelle competenze scolastiche degli studenti italiani: il 51% dei 19enni mostra carenze in matematica e il 44% in lettura. Queste percentuali sono ancor più allarmanti in alcune regioni del Sud, dove quasi il 70% degli studenti risulta inadeguato in matematica. I risultati Invalsi del 2023 hanno messo in luce una preoccupante novità: il peggioramento delle performance è ora visibile fin dalle scuole primarie, che, tradizionalmente, rappresentavano un punto di forza dell'istruzione nel paese. Questi ritardi si manifestano già a partire dal secondo anno di scuola, segnalando un indebolimento generale nei risultati scolastici in tutte le discipline. L'Italia mostra il più ampio gap di genere negli apprendimenti matematici tra i paesi OCSE. Secondo i risultati delle prove OCSE-PISA, il punteggio medio dei ragazzi supera quello delle ragazze di 21,1 punti, contro una media OCSE di 9,1 punti. Le radici di questi divari sono complesse, imputabili a fattori culturali, stereotipi e discriminazioni nel modo in cui vengono insegnate le discipline STEM, che influenzano negativamente le aspirazioni delle ragazze verso carriere in ambito STEM (Carlana e Corno, 2021). Infatti, il 70% dei laureati italiani in materie scientifiche sono maschi, e solo il 5% delle 15enni sogna una carriera in informatica o ingegneria (a fronte del 20% dei maschi) (OCSE, 2015). In Italia, la probabilità di proseguire negli studi è fortemente influenzata dalla condizione educativa dei genitori, come mostrano i dati delle prove Invalsi. Per esempio, nel 2019, la differenza nei punteggi di matematica tra gli studenti di V elementare con genitori laureati e quelli con genitori con al massimo la licenza elementare era di 26 punti. Questo divario aumenta a 46 punti in terza media, evidenziando come le disparità si accentuino significativamente nel corso della carriera scolastica. La scuola secondaria di secondo grado è il momento in cui i divari legati alle condizioni familiari diventano più marcati. Queste differenze sono anche alimentate da ciò che si potrebbe definire "trappola delle aspirazioni"; infatti, già in terza media, il 60% dei ragazzi con genitori laureati aspira all'università, rispetto al 43% di quelli con genitori diplomati (Abbiati et al., 2017). Eco dai percorsi preparatori (bozza 29 maggio 2024)
Scelta e orientamento
Il problema dell'abbandono scolastico in Italia persiste, con tassi che variano significativamente a seconda della regione e dell'età scolare. Secondo il MIUR, lo 0,44% degli studenti delle scuole medie abbandona gli studi, percentuale che sale a 0,9% nel passaggio alle superiori e a 2,55% durante il ciclo delle superiori. Fattori come motivazione, autostima e un ambiente scolastico accogliente sono cruciali per combattere l'abbandono (OECD, 2013), con il 22-27% degli studenti di scuola media insoddisfatti dell'esperienza scolastica. Il sistema educativo italiano presenta anche sfide nei momenti decisionali chiave, come la scelta dell'indirizzo delle scuole superiori e dell’università, che possono pregiudicare il percorso accademico e professionale degli studenti. L'orientamento attuale, spesso limitato a giornate di promozione, è insufficiente di fronte alla complessità delle opzioni disponibili e alle continue evoluzioni del sistema educativo, con più della metà dei ragazzi che sostiene di ottenere informazioni dalla famiglia o da solo. La mancanza di informazioni adeguate e il momento prematuro delle decisioni cruciali contribuiscono a scelte meno informate, che perpetuano le diseguaglianze sociali già in essere.
Istruzione professionalizzante: un altro nodo critico
L'istruzione professionale in Italia affronta diverse sfide, essendo spesso scelta da studenti con maggiori difficoltà, il che può aumentare il tasso di abbandono scolastico e diminuire la qualità dell'apprendimento. Meno del 10% dei diplomati prosegue gli studi post-secondari, aggravato dalla poca incidenza e conoscenza sui percorsi terziari professionalizzanti. I dati dell'OECD (2022) mostrano che solo il 28% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni ha conseguito un'istruzione terziaria, molto meno della media UE del 46% (Figura 1). Per contrastare questi problemi, nel 2007 sono stati creati gli Istituti Tecnici Superiori (ITS), che offrono percorsi biennali o triennali focalizzati su aree strategiche come il settore manifatturiero. Gestiti tramite fondazioni che includono enti pubblici e privati, gli ITS mirano a ridurre il mismatch di competenze sul lavoro. Al 2023, ci sono 146 ITS Academies con oltre 7000 diplomati che, con il 77% degli iscritti che completa il percorso e l'87% impiegato entro un anno, evidenziano le potenzialità degli ITS nel migliorare le prospettive occupazionali e l'istruzione in Italia.
Punti di forza e debolezza del sistema
Il sistema scolastico italiano è progettato per essere inclusivo, focalizzandosi sulla tutela degli studenti più deboli e sull'istruzione primaria, fondamento per il successo futuro. Tuttavia, l'efficacia nel perseguire questi obiettivi varia notevolmente tra le diverse regioni, e l'influenza del background sociale rimane un fattore significativo. La mancanza di uniformità nelle politiche di supporto e nelle risorse disponibili pone sfide significative, compromettendo l'efficacia del sistema nel garantire equità e opportunità per tutti. In aggiunta, il sistema educativo italiano presenta problemi strutturali come cicli ordinamentali frastagliati e programmi obsoleti che non rispondono alle esigenze contemporanee, di cui gli studenti Eco dai percorsi preparatori (bozza 29 maggio 2024) 4 hanno informazioni mediate dal contesto di origine. La transizione demografica richiederà un deciso turnover di insegnanti, con possibili impatti positivi sulla qualità dell’insegnamento e del clima scolastico. La mancanza di investimenti adeguati e una carenza di istruzione terziaria professionalizzante danno luogo ad alti tassi di dispersione scolastica e a un basso numero di laureati, aggravati da profondi divari regionali tra il Nord e il Sud.
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