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Prof. Giacomo Vaciago
Chi ha assistito alle lezioni di Economia Monetaria e di Politica Economica di Giacomo Vaciago è stato molto fortunato. Perchè ha appreso cose che non si possono trovare nei libri di testo, in nessuno. Giacomo Vaciago insegnava a decifrare i correnti fatti economici alla luce dei modelli teorici. In altre parole, riusciva a colmare la distanza esistente tra un libro, la teoria e la pratica quotidiana. Il sogno di ogni studente! Non c’è da sorprendersi che i suoi insegnamenti restino nella mente dei suoi studenti. A questo, Giacomo Vaciago univa una visione sempre ottimistica del futuro, anche nei momenti più complicati, uniti ad un gusto naturale per l’ironia e la battuta. Guardando nel suo curriculum, dopo la laurea conseguita in Università Cattolica nel 1964 con una tesi intitolata Il Superamento della Politica Economica Tradizionale, relatore prof. Mazzocchi, si è perfezionato presso la University of Oxford (Linacre College) nel 1968, conseguendo il titolo di Master of Philosphy in Economia. A metà anni ‘70 è diventato professore ordinario di Economia Politica presso l’Università di Ancona, dove insieme al prof. Giorgio Fuà ha contribuito al successo della Scuola di Ancona. Dal 1989, è stato professore ordinario di Politica Economica presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica. Il contributo scientifico di Giacomo Vaciago si è concentrato sui vari aspetti teorici ed empirici, come si legge nel suo cv, che contraddistinguono le decisioni di politica monetaria. In questo ambito è stato Visiting Scholar alla Federal Reserve nel 1985. La sua indiscussa e riconosciuta competenza l’ha portato a ricoprire la carica di consigliere del Ministro del Tesoro (1987-1989), consigliere del Presidente del Consiglio dei Ministri (1992-1993) e consigliere del Ministro del lavoro (2014-2016). Giacomo Vaciago ha inoltre ricoperto la carica di sindaco della sua città: Piacenza. Inoltre, Giacomo Vaciago è stato tra gli ideatori del Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato, il mercato dove gli operatori finanziari (magari su richiesta di qualche risparmiatore) possono acquistare e vendere quotidianamente i titoli di stato. Quindi, è anche grazie a lui se molte famiglie possono comprare e vendere titoli di stato. Infine, a Giacomo Vaciago piaceva commentare fatti economici e finanziari su vari media, dal Sole 24 Ore (per il quale è stato editorialista per moltissimi anni) alla tv o in radio, riuscendo sempre a semplificare fenomeni complessi in maniera tale che tutti riuscissero a comprenderli.
[Di Andrea Monticini. Lo stesso articolo sarà pubblicato sul n. 2, marzo-aprile 2017 di Presenza]
Giacomo voleva che l’Italia diventasse “un paese civile”, intendendo con questo termine il meglio che osservava nei confronti con altri paesi e soprattutto con l’Inghilterra prediletta. Lo ricordo quando ancora studente venne in visita a Oxford a esplorare i luoghi dei suoi futuri e fondamentali studi graduate. A quella grande tradizione è stato sempre legato, portando al nostro dibattito ricchezza di riferimenti.
Dalla teoria economica traeva indicazioni di razionalità, sempre per migliorare l’organizzazione dei mercati e delle istituzioni, con una fiducia appassionata. Estendeva questa fiducia a molte discutibili semplificazioni degli economisti, e con questo stimolava dissensi e approfondimenti. Anche sul lavoro quotidiano nell’università: ricordo la sua preferenza per i voti espressi in numeri ordinali anziché cardinali.
Studiare seriamente i problemi per prendere decisioni migliori è stato il suo insegnamento e la sua regola di vita. La chiarezza nell’esporre è stata la sua arma poderosa, che gli ha conquistato l’ammirazione di studenti, banchieri e politici. Essa rimane nei suoi scritti, compreso quel “L’economia è una bella storia” scritto per i nipotini, con il fantasioso preistorico avanzo di antilope usato per introdurre la teoria del risparmio; e con l’insegnamento alla bimba spaventata per il temporale: “il primo passo per non aver paura delle cose è capirle”. Fino ai limiti del possibile, dove il percorso della ragione non riesce a procedere e resta solo la fiducia.
[di Pippo Ranci]
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